Capitolo 7 - Contenuti extra
IN MEMORIA DI RUBERTO RUBERTI
di Bruno Rapisarda © - 17 gennaio 2014
Cari Amici di Gigi e compagni d’avventura dell’E-Book “Luigi Pellegrin e il laboratorio di via dei Lucchesi”,
Vi partecipo la triste notizia appresa solo ora: il 28 dicembre scorso ci ha lasciati Roby (Ruberto Ruberti *), autore del capitolo: “A proposito di Luigi (Gigi) Pellegrin”, dell’E-Book.
Fui io a coinvolgerlo ritenendo la sua testimonianza importante per ricostruire le fasi iniziali della vicenda intellettuale e professionale dell’Architetto Pellegrin nel periodo che precede via dei Lucchesi, quando lo studio si trovava in via Giulia.
Il suo contributo riguarda alcuni anni di collaborazione col “Gigi” degli esordi, non li rievoco perché ci sono stati narrati dalla sua sobria prosa nel “pezzo” sopra citato.
Altro ancora avrebbe potuto dire lui stesso se ci fossimo incontrati, come era stato stabilito, con Michele Leonardi (Mike), Pasquale Cascella (Lillo), Carlo Cesana ed altri autori dell’E-book. Ora tocca a me ricordare, con commossa partecipazione, la sua figura professionale ed umana.
Avevo conosciuto Roby nei primi giorni del ’68 e quell’anno collaborai intensamente con lui, presso il suo studio. Quella mia significativa esperienza mi consente di tratteggiare, certo inadeguatamente, la sua concezione dell’architettura. Roby aveva assorbito dalla “scuola” di Pellegrin la consapevolezza di dover coinvolgere l’architettura nel contesto ambientale: naturale ed antropico.
Le sue opere, infatti, coniugavano in sistema complesso la fisicità dei luoghi, il “genius” dei paesaggi urbani o naturali, con la modellazione organica degli spazi finalizzata al qualificato ben-essere degli “utilizzatori”.
Mi ospitò alcune volte nella sua villa alla Calandrina, adagiata sui crinali boscosi che guardano l’orizzonte del lago di Bracciano. Serbo ancora nella memoria la percezione d’intimo piacere dell’essere provata muovendomi in quegli spazi da lui voluti “sensibili”, permeabili a tutte le manifestazioni dell’atmosfera: il sole spandeva una morbida luce, risuonavano gli echi lontani dei ruscelli vallivi, l’aria temperata risaliva dal lago colma di umori, intensi effluvi di aromi penetravano dal solido verde intorno …
Quella casa lui l’aveva voluta semplice, disadorna, essenziale, coi muri di tufo a vista che si aprivano nelle varie direzioni inquadrando come quinte teatrali lo scenario del lago da molteplici impreviste angolazioni come tanti cannocchiali puntati sul fondale dell’antica caldera. Quelle partiture verticali degradavano a fastigi verso il terreno erboso e risalivano la collina integrandola con diverse pendenze fin sul colmo dei tetti a falde. Le vetrate erano l’unica effimera soglia e gli aggetti delle coperture creavano zone d’ombra che filtravano interni ed esterni, lasciando volutamente indefinito il limite che avrebbe potuto distinguerli. Così, l’architettura dilatava la sua aura oltre lo spazio vissuto e migrava, rotolando giù per la collina, anamorfizzandosi in natura.
La “sua” villa era un esempio d’architettura concretamente organica e mi ricordava, non so come, un verso di Garcia Lorca: “la pietra è una spalla per portare il tempo con alberi di lacrime, e nastri, e pianeti……”. Roby: per chi volesse approfondirne la vicenda umana, può leggere la sua autobiografia pubblicata dalla casa editrice Sovera col titolo “Alla ricerca del tempo vissuto”, citata come riferimento bibliografico nell’E-book su Pellegrin.
A me resta, tra nostalgia e rimpianto, il ricordo inconsolabile dell’amico perduto, ed ecco che riemergono come quadri animati tutta una serie di episodi trascorsi insieme: un vissuto fatto di momenti più o meno lunghi, i numerosi incontri avuti nell’arco d’una vita, i fantasmi della memoria ……. per quel tanto che rimane oltre l’oblio.
Roby amava osservare la realtà con meditata distanza, preferendo il lato comico della vita, cosi anche la tragedia si scioglieva puntualmente in commedia: sfiorava le cose con mano leggera per non pesare sull’esistenza… sapeva che non sarebbe servito a risolvere i dubbi che lo turbavano.
Ricordo che i nostri impegnati dialoghi si concludevano spesso con una sua chiosa ironica come per dire che non c’è niente che valga la pena d’esser preso sul serio, specie sé stessi.
Resta, come accade con le persone che hanno tanto da dare, il rammarico per le occasioni mancate e il Tempo, ormai, ci ha derubati del “suo” tempo per sempre. Tanto altro ancora potrei dire per dar conto della sua inconsueta esistenza ma preferisco concludere con le lievi e dense parole che lui stesso pose a commento finale della sua autobiografia:
“Se ne andava così senza più peso, portato dal vento … …
… ma a lui questo non importava perché non se n’era nemmeno accorto”.
Ciao, Roby…
... Un abbraccio a Laura, la sua compagna che gli è stata vicina fino alla fine.
Per chi volesse mandare l’estremo saluto a Roby ed esprimere il proprio cordoglio a Laura, l’indirizzo è: Laura Boccasecca - via Vecchiocastello, 13 – 00060 Sacrofano (RM).
Nel mese di febbraio si terrà una commemorazione, sarà mia cura comunicarvi il luogo e la data.
Bruno Nicola Rapisarda ( Bruno )
(* N.d.R.: come ho potuto apprendere da Bruno, l'architetto Ruberto Ruberti collaborò col Maestro per cinque lunghi ed intensi anni presso il "laboratorio di via Giulia", precedente sede dello Studio Pellegrin a Roma, e “Gigi” (Bruno ricorda di aver assistito ad una loro conversazione) aveva conservato per lui grande stima e famigliarità: si davano del tu e si chiamavano per nome, privilegio concesso solo a Giulio Basso nel “laboratorio di via dei Lucchesi”.)