Capitolo 5 - Rivisitazione delle opere
CENTRO DIREZIONALE E SPAZI PUBBLICI COPERTI, ROMA
di Pasquale Cascella © - 1° gennaio 2013
(riduzione da: "Bioclimatica - storia, tecnica, architettura", Cap. 7.2)
La zona è quella dell’EUR di Piacentini, con la sua scansione metafisica cui nel dopoguerra sono seguiti corpi direzionali a più piani, a courtain-wall, inesorabilmente scatolari.
Il lotto di intervento, compreso tra il lago e il palazzo dei congressi di Libera, è l’unico ancora non edificato della parte storica dell’Eur. L’area è quella in cui, negli anni successivi, verrà realizzato il Centro Congressi denominato la “Nuvola” (con attigue residenze di lusso resesi necessarie per finanziare la “teca” che la copre).
“Il progetto è quasi un esercizio su come riuscire ad essere efficienti anche da un
punto di vista che qui è ‘necessariamente’ speculativo, rinunciando alla prassi scatolare, ai volumi solidi e bloccati che in quel comparto sono la regola.
Le due decisioni iniziali di progetto furono:- in primo luogo, creare una pedonalità soprelevata, incorporata entro l’edificio, che si collegasse anche idealmente sia col lago che col palazzo di
Libera;- in secondo luogo, creare spazi sociali protetti, una sorta di macro-portico.
L’Eur dispone, è vero, di numerosi portici, ma in linea, scollati dalle strade invase dal traffico, che impongono incontri monodimensionali.Il macro-portico si dilata in piazza coperta, ma la
copertura è traforata. Si hanno, in sostanza, due piazze sovrapposte, delle quali l’inferiore è scavata nel terreno.Le piazze sono affiancate da due corpi di fabbrica. Anche i loro volumi sono
traforati, aggredibili, fortemente personalizzati nell’immagine.” (L. Pellegrin)
Tra lo stile piacentiniano e razionalista dell’EUR storico e i courtain-wall che sono seguiti nel dopoguerra - incapaci di dialogare con il contesto di spazi pubblici preesistente -
Pellegrin concepisce due corpi lungo i margini del lotto collegati da una piastra che copre un grande portico pubblico. Una versione moderna del porticato e la ricerca di una nuova facciata
mediterranea, in grado di filtrare i raggi solari, che supera la banalità del courtain-wall supervetrato che, in contesti caldi, dove è inevitabile e insopportabile l’effetto serra,
obbliga ad una potente impiantistica che oggi scopriamo non più sostenibile e dannosa. Un inserimento nell’EUR equidistante sia dal neoclassico littorio che dai palazzi per uffici
post-bellici.
DALLA PIAZZA COPERTA ALLA NUVOLA
Il messaggio di Pellegrin non fu accolto e, a distanza di ventisette anni, su quest’area
si sta realizzando il nuovo Palazzo dei Congressi.
Per fare da contorno scenico alla cosiddetta “Nuvola”, a Roma si sta realizzando un parallelepipedo di cristallo (di nuovo il courtain-wall!) delle dimensioni di 170 m x 66 m e 40 m di
altezza.
Con il caldo che fa a Roma, per eliminare il gigantesco effetto serra che produrrà questo capannone di vetro, sarà necessaria la produzione di una enorme centrale. Né la modesta autoproduzione di
energia potrà certo migliorare la situazione.
Il principio su cui dovrebbe basarsi la progettazione sostenibile è sempre lo stesso: lavorare bene sull’involucro per minimizzare la potenza degli impianti. Sembra però che questo principio non
abbia interessato nessuno, nemmeno l’Ente EUR che dovrà pagare il conto in futuro.
Oltre all’indifferenza per il clima e il luogo in cui si interviene (quindi per la bioclimatica), altro segno distintivo di questo progetto è il passaggio dall’involucro in vetro che avvolge piani
per uffici, all’involucro che, oltre alla nuvola, contiene il nulla, dato che le vere sale congressi sono sotto il livello della teca.
Un grattacielo vuoto, di cristallo, sdraiato per terra a prendere il sole cocente di una città mediterranea: e la chiamano invenzione!
CONCORSO PARCO DELLA VILLETTE A PARIGI, 1983
Dalla relazione di concorso:
“I problemi della nostra epoca non si risolvono né con il raffinato formalismo proposto
dai giovani emergenti, né con le composizioni che rifanno il verso alle città e ai giardini storici, né con l’ecologismo che teme di confrontarsi con il contenuto. Ma con soluzioni che li affrontano,
risolvendoli alla radice. E’ solo rivendicando l’atteggiamento spiazzante ma creativo e positivo di Paolo Soleri, di Frank Lloyd Wright ma, soprattutto, di Buckminster Fuller che si può tirare fuori
l’architettura dal pantano del formalismo. Se la città ha bisogno di verde, allora bisogna costruire supporti attraverso i quali raddoppiarne la presenza. Se servono luoghi per gli incontri, occorre
realizzarli ma collegandoli con il sistema dei trasporti. Se la viabilità può compromettere il sistema degli spazi destinati ai pedoni, occorre sopraelevarla. Inoltre i problemi non vanno risolti uno
per uno come se fossero indipendenti tra loro. Si correrebbe il rischio di ricadere nei famigerati miti tecnicistici degli anni ‘60. Per evitare i quali soccorre il concetto di sinergia. Secondo il
quale - come abbiamo già avuto occasione di notare - le singole scelte devono interagire per ottimizzareil benessere umano che non è solo fondato su standard tecnici (velocità degli spostamenti,
costi di costruzione, produttività) ma anche e soprattutto psicologici e formali.” (L. Pellegrin)