Villa Adriana 2

 

2nd century

 

 

Italy

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA  /  BIBLIOGRAPHY

L'età imperiale  /  The imperial age

 

  • Publio Virgilio Marone: "Eneide", testo latino a fronte, traduzione e cura di Rosa Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino, 2014.

Questa nuova traduzione dell'Eneide, corredata da un ricco apparato di note, si configura come particolarmente tecnica e come intimamente poetica: due connotazioni complementari del lavoro di un traduttore che è affermato studioso di letteratura latina e poeta in proprio. Tecnica per la scelta metrica di un esametro barbaro molto duttile, ma anche molto preciso, con i suoi sei accenti e con giochi di pause, e di alternanze fra misure dattiliche e spondaiche, che realizzano una analogia assai stretta rispetto all'archetipo latino. Tecnica per la scelta di mantenere le ripetizioni virgiliane in tutte le tessere formulari: locuzioni fisse dove Virgilio usa locuzioni fisse. La rielaborazione poetica parte da premesse di questo tipo, ma si snoda in un paziente rispetto delle singole parole, fino a una spiccata attenzione alle trame foniche, e specialmente alle allitterazioni, omaggio al poeta più musicale e fonosimbolico del mondo antico. Si snoda poi nella ricerca di imprimere, come già fece Virgilio, un passo sublime a una lingua d'arte non troppo lontana da quella usuale. E ancora nella capacità di calibrare un tono malinconico anche nelle pagine più epiche. Il più affascinante esito della letteratura latina trova una nuova voce, fedele e attualissima, per i lettori di oggi e di domani.

 

  • Virgil: "Aeneid, Translation by Frederick Ahl, Introduction by Elaine Fantham, 544 pages, Oxford University Press, Oxford, UK, 2008.

Frederick Ahl's new translation captures the excitement, poetic energy, and intellectual force of the original in a way that has never been done before. Ahl has used a version of Virgil's ancient hexameter, a swift-moving six-beat line varying between twelve and seventeen syllables, to reproduce the original poetry in a thrillingly accurate and engaging style. This is an Aeneid that the first-time reader can grasp and enjoy, and whose rendition of Virgil's subtleties of thought and language will enthrall those already familiar with the epic. Unlike most translators, Ahl has chosen to retain Virgil's word-play, the puns and anagrams and other instances of the poet's ebullient wit. "Like Shakespeare and the Greek tragedians, Virgil grasped that humor and earnestness are not mutually exclusive in art any more than they are in life. One should read the Aeneid not in solemn homage, but for enjoyment." Enhanced by Elaine Fantham's Introduction, Ahl's comprehensive notes and an invaluable indexed glossary, this lively new translation brings readers closer to the original and the myriad enjoyments to be found there.

 

  • Guido Guidorizzi: "Enea, lo straniero. Le origini di Roma" ("Aeneas, the stranger: The origins of Rome"), Einaudi, Torino, 2010.

I Romani sapevano di discendere da un advena, uno che viene da fuori, accompagnato da fuggiaschi che avevano attraversato il mare rischiando mille volte di morire e scomparire nelle acque. «L'impero romano, - scrisse Seneca, - ha come fondatore un esule, un profugo che aveva perso la patria e si portava dietro un pugno di superstiti alla ricerca di una terra lontana... Farai fatica a trovare ancora una terra abitata dagli indigeni: tutto è il risultato di commistioni e di innesti». I Greci al contrario pensavano di essere nati dalla terra, come un albero. Gli Ateniesi si vantavano di essere autoctoni: il loro primo re, Cecrope, era sbucato dal suolo come un serpente e per questo aveva la parte inferiore del corpo coperta di scaglie. «Noi siamo stati sempre qui, - dicevano, - la nostra gente è nata da questa terra; possiamo accogliere i supplici e gli stranieri, anzi è la nostra legge a imporlo, ma i veri Ateniesi saremo sempre noi, i figli del serpente». I Romani non pensavano cosí. Il loro eroe fondatore veniva da una terra lontana, ma arrivando non trovò il deserto: solo uomini selvatici e primitivi. Eppure non li volle come schiavi ma come compagni.

 

  • Publio Cornelio Tacito: "Annali", testo latino a fronte, traduzione di Bianca Ceva, Rizzoli, 1981.

"Corruptissima re publica plurimae leges", "Annales", Libro III, 27: tante leggi, repubblica corrottissima  ("So many laws, so currupt republic", "Annals", Cornelius Tacitus).

Lo stesso concetto veniva espresso in altro modo nell'antica Cina, attorno al VI sec. a.C. nel "Tao tê Ching" attribuito al leggendario Lao-tzu: il popolo va governato come quando si cucina un pesciolino, più lo rigiri, più si spappola. Troppi cambimenti, troppe leggi non giovano al buon governo di un popolo.

Anche ai tempi nostri il popolo (belli, brutti, ricchi, poveri, alti, bassi, giovani, vecchi, il popolo) si lamenta delle troppe leggi, troppa burocrazia, ma nessuno fa nulla, per cui la civiltà contemporanea resta incartata e destinata alla decadenza sociale. M.L.

 

  • Tacitus: "Annals of Imperial Rome", 252 pages, Translations by Alfred John Church and William Jackson Brodbribb, Pantianos Classics, 2017.

The Annals of Imperial Rome, a classical history by Cornelius Tacitus, chronicles the period between the reign of the Emperors Tiberius and Nero.

Divided into sixteen books, some of which were partially or entirely lost over time, the Annals narrate sequentially the various events and deeds of two rulers of the Roman Empire. Long considered a valuable source, the Annals provide insight into the workings of the Roman Empire and how its Emperors interacted with the democratically elected Senate and other arms of the bureaucracy.

Modern scholars of antiquity hold the belief that Tacitus, as a serving Roman Senator, had access to the Acta Senatus - a record of lawmaking procedures - as a source for this work. As such, the reliability of the Annals is generally thought strong compared against other, more corrupted histories of the Roman Empire.

Tacitus had low opinions of both Tiberius and Nero. Both worked to sew fear within the general population, or plebiscite, as well as in the higher echelons of Roman society. Tacitus supports his beliefs by narrating various episodes in their respective rules, and is careful to make a distinction between Tiberius - whom he considers to have once been a truly great man, fallen from grace - and Nero, whom he thought an innately despotic man prone to compulsive acts.

This edition of the Annals contains the respected, classic translations by Alfred John Church and William Jackson Brodbribb, two scholars of the classical period whose knowledge and ability continues to be held in wide regard by scholars and general readers alike.

 

  • Publio Cornelio Tacito: "La vita di  Agricola" e "La Germania", testo latino a fronte; introduzione e commento di Luciano Lenza; traduzione di Bianca Ceva; Rizzoli, Milano, 1990.

"Rubare, massacrare, rapinare, questo i Romani, con falso nome, chiamano impero e là dove hanno fatto il deserto, dicono d'aver portato la pace", da "La vita di Agricola", Tacito.

("Stealing, slaughtering, robbing, this the Romans, under a false name, call empire, and there where they have made a desert, they say they have brought peace," from "The Life of Agricola", Tacitus.)

L'esordio di Tacito furono due brevi monografie, due gioielli che fanno già presagire i capolavori della maturità.  "La vita di Agricola", elogio funebre del suocero Giulio Agricola, artefice dei successi militari romani in Britannia fra il 78 e l'84 d.C., è il ritratto di un uomo esemplare che, lontano sia da un vile servilismo sia da una sterile opposizione, riuscì a essere utile allo Stato anche sotto il governo di un pessimo principe.  Nella "Germania", l'unica opera di carattere etnografico dedicata a un popolo straniero che ci sia giunta dall'antichità, l'intento descrittivo si colora di motivazioni etiche, contrapponendo polemicamente l'integrità morale dei barbari germani alla corruzione e all'avidità della Roma imperiale.  Luciano Lenaz approfondisce nell'introduzione la genesi delle due operette e i numerosi problemi interpretativi che esse pongono.

 

  • Luigi Bernardi: "Tutte le strade portano a Roma", 144 pgg., illustrato, Logart Press, 2003.

Ci sarebbe stata l'Europa - questa che noi oggi conosciamo - senza le strade dei romani? Probabilmente no. Anzi, sicuramente no. Lungo le strade volute da consoli e generali, tracciate da imperatori e custodite da procuratori, sono passate le legioni romane, ma con le legioni è passata la lingua, è passato il diritto, sono transitate forme d'arte, si sono diffusi modelli di vita civile, costumi della civiltà urbana. Questo volume parla, con passione e competenza, delle strade consolari italiane, di quelle strade che hanno reso possibile la prima grande globalizzazione voluta dai romani.

 

  • Strabone: "Geografia. L'Italia (Libri V-VI)", 362 pgg., testo greco a fronte, a cura di Anna Maria Braschi, Rizzoli, Milano, 2020.

"I Romani posero ogni cura in tre cose soprattutto, che dai Greci furono trascurate, cioè nell'aprire le strade, nel costruire acquedotti e nel disporre nel sottosuolo le cloache", Strabone, "Geografia", Libro V

 

  • Carmelo Malacrino: "Ingegneria dei greci e dei romani", 216 pgg., Arsenale, Verona, 2013.

"Le pagine di testo sono accompagnate da un meticoloso ed esauriente apparato iconografico che aiuta a dimostrare quanto la moderna ingegneria sia debitrice alla sapienza e intelligenza degli antichi."

 

  • Eric Teyssier: "L'ascesa dell'impero romano. 753 a.C-I secolo d.C.", 252 pgg., LEG Edizioni, Gorizia, 2016.

La caduta di Roma, ampiamente analizzata, eclissa troppo spesso la storia senza pari della sua ascesa e del suo successo. Eppure, l'Impero romano fu una grande costruzione politica che unì per cinque secoli una moltitudine di etnie che parlavano decine di lingue e veneravano una cifra perfino superiore di dèi. Quali segreti hanno permesso ai romani di conquistare territori talmente vasti? E, data l'eccezionalità di tale conquista, che dire della loro capacità di tenere unito quell'enorme spazio? Per capire queste differenti imprese, l'autore esamina i miti fondanti della città latina, gli impulsi della politica imperialista, le ragioni delle vittorie militari, la forza morale della res publica e la capacità di integrare gli stranieri. I segreti dei successi e della durata dell'Impero romano, poco studiati, diventano un argomento dal fascino senza fine.

 

  • Yann Le Pohec: "Geopolitica dell'impero romano", 295 pgg., LEG Edizioni, Gorizia, 2019.

Come fu possibile la costruzione e il mantenimento secolare di un impero che annoverava popoli diversissimi, frontiere estese lungo 17.000 chilometri, e la cui sicurezza era fornita solo da una trentina di legioni che, con i loro ausiliari, arrivavano appena a 250.000 uomini? Quest'opera analizza le condizioni politiche, militari, economiche e ideologiche che permisero a una piccola città del Lazio d'imporsi all'Italia e all'intero bacino del Mediterraneo. Lo studio consente di comprendere come, secolo dopo secolo, il pragmatismo di generali e imperatori permise loro di impiegare al meglio i mezzi di cui disponevano e di sfruttare le più varie condizioni geografiche che si presentarono sui diversi scenari, assicurando l'espansione e la difesa territoriale. Dalle guerre puniche alle invasioni barbariche, passando per gli scontri contro germani o persiani, e per la difesa degli pseudo-limes, quest'opera ci offre un'appassionante scoperta delle fonti all'origine della potenza romana.

 

  • Jean-Noël Robert: "Da Roma alla Cina. Sulle vie della seta al tempo della Roma imperiale", 342 pgg., LEG Edizioni, Gorizia, 2019.

Anno 166 della nostra era: primi nella storia, alcuni cittadini romani entravano in Cina dopo un lungo viaggio per mare dall'impero dell'Occidente alle coste annamite dove sbarcarono. Avevano percorso l'Egitto, attraversato il mare Eritreo, erano approdati in India da dove si erano diretti verso la penisola malese, avevano costeggiato l'Indocina per gettare infine l'ancora a nord del Vietnam e percorrere la via terrestre che doveva condurli fino all'Impero Celeste. Questo straordinario episodio, ricordato dagli storici cinesi, costituisce il punto di partenza per l'affresco di Jean-Noël Robert, che racconta la storia affascinante della ricerca di un contatto tra i due più grandi imperi dell'antichità. Un viaggio nel tempo e nello spazio che parte da Alessandro Magno e, concentrandosi sul II e III secolo dopo Cristo, tocca non solo l'Impero romano e quello cinese, ma tutto l'intreccio delle civiltà tra Europa e Asia. Gli scambi economici, culturali e religiosi, insieme ai contatti politici e agli scontri militari, diventano legami profondi tra Roma, la Persia dei Parti, l'India e la Cina, senza dimenticare i popoli nomadi dell'Asia Centrale. Una storia profonda quanto nascosta rispetto alle narrazioni usuali, ricca di suggestioni e significati, per illuminare alcune pagine del progresso dell'umanità, sulle tracce di quei viaggiatori guidati dalla loro vocazione a diventare i cittadini del mondo.

 

  • Eckhard Meyer-Zwiffelhoffer: "Storia delle province romane", 156 pgg., Il Mulino, Bologna, 2011.

Dall'espansione mediterranea dell'età repubblicana, con le prime province di Sicilia, Sardegna, Corsica e Spagna nel III secolo a.C, al consolidamento dell'età imperiale, alla marginalizzazione dei territori provinciali nel tardo antico: il volume illustra il processo che portò Roma ad apporre il sigillo dell'"imperium Romanum" su un vastissimo territorio, affermando una supremazia i cui effetti culturali sarebbero durati nei secoli.

 

  • Alessio Succa: "Economia e finanza dell'Impero Romano", 282 pgg., Edizioni del Faro, 2017.

Per alcuni secoli l'Impero Romano concretizzò l'idea dello Stato universale, accogliendo al suo interno popoli e culture assai differenti. L'unificazione politica e amministrativa del Mediterraneo, impresa straordinaria e unica nella Storia dell'Uomo, consentì di valorizzare il patrimonio culturale di numerose civiltà. Italici, Celti, Greci, Egiziani e Fenici, contribuirono alla formazione di un sistema economico e finanziario assolutamente complesso e progredito, in grado di diffondere benessere e ricchezza su buona parte del Mondo Antico. Il presente volume, un pregevole manuale di Storia economica, descrive in modo accurato gli aspetti più importanti dell'Impero di Roma: le vicende politiche, l'evoluzione sociale e soprattutto la dimensione economico-finanziaria.

 

  • Gian Giulio Belloni: "La moneta romana. Società, politica, cultura", 288 pgg. Carocci, 2002.

Durante l'età repubblicana, la moneta romana si fa simbolo della posizione centrale dell'uomo nell'attività politica e del suo desiderio di lasciarne testimonianza. A prescindere dalla sua funzione economica di misura del valore, la moneta è concepita dai Romani come un 'monumentum', cui dunque sono state attribuite quelle caratteristiche di ricchezza e varietà di temi e raffigurazioni che non si riscontrano nella moneta di nessun altro Stato e in nessun altro periodo storico. Accanto alla rappresentazione di tipo narrativo – leggende e miti o avvenimenti reali – si trova l'esaltazione dell'individualismo romano esploso, dopo la morte di Cesare, sulle monete dei rivoluzionari che sostituiranno ai ritratti degli antenati la propria effigie. Nell'età imperiale la moneta diventa dunque un veicolo privilegiato per l'autocelebrazione, senza per altro abbandonare la tradizione di fissare nel conio i grandi eventi, la divinità e le personificazioni delle virtù civili e militari della società e dello Stato romano.

 

  • Jean Andreau e Raymond Descat: "Gli schiavi nel mondo greco e romano", 244 pgg., Il Mulino, 2014.

Nel mondo greco-romano la società era basata su una presenza massiccia di schiavi, che in determinati luoghi poterono raggiungere e forse superare il cinquanta per cento della popolazione. Il volume offre un panorama completo della questione: che cosa significava essere schiavi e come lo si diventava; la funzione e il peso degli schiavi nei diversi settori della vita economica; la loro presenza nell'organizzazione famigliare e cittadina; come si poteva uscire dallo stato di schiavitù; le trasformazioni che la fine dell'impero romano e il primo diffondersi del cristianesimo produssero nel sistema schiavistico antico.

 

  • Jean Andreau e Raymond Descat: "Male morts: morts violentes dans l'Antiquité", 431 pages, Fayrd, 2009.

(Sulle morti violente nel mondo antico e nel mondo greco-romano, tra cui la crocifissione.)

Il y a ceux qui meurent lentement d'une mort douce, ou attendue. Et il y a ceux qui partent de façon brutale : guerre, crime, catastrophe naturelle, suicide, épidémie, accident, exécution, etc. Grâce à l'examen de squelettes provenant de fouilles archéologiques du pourtour méditerranéen, il est désormais possible de reconstituer, cas après cas, un tableau des morts violentes dans l'Antiquité gréco-romaine. Des récits, des anecdotes, des commentaires historiques permettent de préciser ce descriptif complet. L'auteur s'attache également à étudier le devenir du cadavre de ces individus partis avant l'heure ou soudainement, centré sur la peur du retour des morts (nécrophobie) : mise à l'écart, démembrement, magie noire, mutilation, etc. A travers ce voyage dans les morts violentes, c'est à une déambulation dans les bas-fonds de la société antique qu'est convié le lecteur, à la recherche d'un étonnant et méconnu côté obscur.

 

  • Giorgio Ruffolo: "Quando l'Italia era una superpotenza: il ferro di Roma e l'oro dei mercanti", Torino, Einaudi, 2014.

Un viaggio nei due piú gloriosi e cruciali momenti della nostra storia: dalla Roma dei re, dei senatori e degli imperatori che ha conquistato l'intero mondo conosciuto con il ferro della spada, alle Repubbliche italiane, Pisa, Amalfi, Genova, Venezia, Firenze, Milano, che con l'oro dei commerci risollevarono le sorti dell'Italia. Attraverso il racconto degli eventi storici e dei protagonisti, le strutture economiche e le grandi correnti sociali, ma anche gli aneddoti e le leggende, Ruffolo mette a confronto due epoche di indiscussa superiorità mondiale da cui emergono i tratti caratteristici dell'identità italiana, le sue continuità e le sue discontinuità.

 

  • Lindsay Powell: "Agrippa. Il braccio destro di Augusto", LEG Edizioni, Gorizia, 2019.

Marco Agrippa fu la personificazione dell'espressione "braccio destro". Come uomo di fiducia di Augusto condusse guerre, pacificò province, adornò Roma e giocò un ruolo cruciale nello stabilire la Pax Romana dei successivi due secoli: tutto ciò nella consapevolezza che non avrebbe mai governato di persona. Per secoli gli storici si sono interrogati sulla sua apparente mancanza di ambizione, sul rapporto di amicizia che dalla giovinezza lo legò a Caio Ottavio, nipote di Cesare. Già dalla lotta contro i cesaricidi Agrippa si rivelò necessario per la vendetta di Ottaviano, acquisendo la reputazione di ottimo ammiraglio nella lotta contro Sesto Pompeo e nell'epica battaglia di Azio che segnò la fine di Marco Antonio e Cleopatra nel 31 a.C. Condusse le legioni nel Bosforo Cimmerio, in Gallia e in Illiria. Sempre in Gallia Agrippa estese la rete via ria abozzata da Cesare, in Giudea consolidò i rapporti con Erode e stabilizzò la regione. Si occupò del restauro di Roma e di vitali opere pubbliche, fino alla costruzione di un monumento simbolo come il Pantheon. Agrippa fu insomma un alter ego dell'imperatore, che gli diede in sposa la figlia Giulia e adottò i tre figli della coppia, sperando di farne eredi al trono. La morte precoce di Agrippa il 12 d.C. privò Augusto del suo miglior collaboratore, ma il sangue di Agrippa continuò a scorrere nelle vene di esponenti della dinastia più ambiziosi, come Caligola e Nerone.

 

  • Giuseppe Cascarino: "Il manuale del legionario romano", 280 pgg., Il Cerchio, Rimini, 2017.

Provate ad immaginare di dovervi arruolare nell’esercito romano di Augusto, nell’anno della nascita di Cristo, e di non sapere come, quando e cosa fare. Questo manuale è stato scritto apposta per voi, e vi spiegherà nei dettagli, ma sempre in modo semplice e comprensibile, quali sono i compiti che vi aspettano, quali i diritti e doveri di legionario romano. Vi immergerete direttamente nella storia e nella cultura dei nostri antenati! Un approccio nuovo e un testo imperdibile per ogni appassionato serio e rigoroso della storia romana e dell’esercito romano in particolare. Il testo è corredato da oltre 200 disegni, schemi, foto, tabelle e utili appendici.

 

  • Giuseppe Cascarino: "L'esercito romano. Armamento e organizzazione. Volume I: Dalle origini alla fine della Repubblica", 270 pgg., Il Cerchio, Rimini, 2007.

Da un'accurata analisi delle fonti storiche e letterarie, dell'iconografia e dei più recenti ritrovamenti archeologici, nasce un'opera per gli appassionati italiani di ricostruzione dell'esercito Romano. In questo libro - il primo di tre volumi - vengono minuziosamente descritti e analizzati l'armamento, l'equipaggiamento, l'addestramento e le tecniche di battaglia dell'esercito romano, nel periodo che va dalla fondazione della Città Eterna alle imprese di Giulio Cesare. Con l'aiuto dell'esperienza acquisita dall'autore nell'ambito dell'archeologia sperimentale, l'opera copre una lacuna nel campo della conoscenza della materia. Il testo è corredato da oltre 200 disegni e schemi originali, foto, tabelle e 16 tavole a colori.

 

  • Giuseppe Cascarino. "L'esercito romano. Armamento e organizzazione. Volume II: Da Augusto ai Severi", 458 pgg., Il Cerchio, Rimini, 2008.

Con questo volume sull'esercito romano vengono analizzati nel dettaglio l'organizzazione, l'equipaggiamento, la tecnica militare e la vita quotidiana delle legioni e delle truppe ausiliarie nel periodo dell'alto impero, compreso tra il principato di Augusto e quello di Alessandro Severo, dove si concentra il maggiore interesse tra gli appassionati di storia militare romana. Una trattazione di tutti gli aspetti teorici, pratici e di vita comune dell'esercito più potente della storia, nei secoli in cui le legioni garantivano la sicurezza e il consolidamento della civiltà romana su un territorio che si estendeva dalle brume della Scozia ai deserti della Mesopotamia.

 

  • Giuseppe Cascarino: "L'esercito romano. Armamento e organizzazione. Volume III: Dal III secolo alla fine dell'impero romano d'Occidente", 310 pgg., Il Cerchio, Rimini, 2009.

Questo terzo volume, realizzato in collaborazione con Carlo Sansilvestri, affronta un periodo storico ricco di eventi epocali e di cambiamenti, anche se caratterizzato da una minore disponibilità di fonti e di informazioni rispetto all’alto impero. L’esercito romano del tardo impero continuò a costituire una formidabile macchina da guerra, virtualmente imbattibile e fonte di ispirazione sia per gli alleati che per i numerosi nemici che minacciavano le frontiere dell’Impero. In Occidente cessò di esistere formalmente solo quando, con la graduale dissoluzione del potere politico di Roma, venne meno il punto di riferimento ideale e istituzionale, continuando tuttavia ad esportare e ad ispirare l’arte della guerra in Europa per tutto l’alto medioevo. Come per i precedenti volumi il testo analizza nel dettaglio l’organizzazione, le tattiche di battaglia, l’armamento e le condizioni di vita dei soldati romani dell’epoca, avvalendosi di oltre 200 disegni originali, schemi e tabelle, ed è accompagnato da 16 tavole a colori, contenenti tra l’altro la ricostruzione degli scudi riportati nella Notitia Dignitatum.

 

  • Giuseppe Cascarino: "L'esercito romano. Armamento e organizzazione. Volume IV: L'impero d'Oriente e gli ultimi romani", 260 pgg., Il Cerchio, Rimini, 2012.

Questo quarto volume, realizzato in collaborazione con Carlo Sansilvestri, completa la storia dell'armamento e dell'organizzazione dell'esercito romano, che ad oriente, nel VI e VII secolo, svolge ancora un ruolo determinante per la sopravvivenza dell'impero contro potenti nemici, vecchi e nuovi, arrivando quasi a ristabilire l'antico impero indiviso con le imprese dei generali di Giustiniano. Contemporaneamente in occidente, nell'ambito, e spesso al servizio, dei nascenti regni romano-barbarici che segneranno la storia dell'Europa medievale, resistono ancora per qualche tempo comunità e combattenti che continuano a definirsi Romani, e che lottano per mantenere vive le antiche tradizioni guerriere, emergendo appena dalla storia e confondendosi con la leggenda. In linea con l'impostazione dei precedenti volumi, il testo analizza nel dettaglio l'organizzazione, le tattiche di battaglia, l'armamento e le condizioni del servizio dei soldati romani dal V al VII secolo, avvalendosi di oltre 200 disegni originali, schemi e tabelle.

 

  • Peter S. Wells: "La battaglia che fermò l'impero romano. La disfatta di Quintilio Varo nella selva di Teutoburgo", 260 pgg., Il Saggiatore, Milano, 2016.

In una manciata di secoli, da piccola città stato sulle rive del Tevere, Roma si trasforma nella sovrana del mondo conosciuto: il suo dominio si estende dalla Gallia all'Africa del Nord, dalla Spagna all'Asia Minore, e la sua capacità di espansione sembra illimitata. Nelle regioni a est del Reno, tuttavia, le tribù germaniche sono irrequiete e minacciano i confini. E così nel 9 d.C. il generale Publio Quintilio Varo parte con tre legioni per sedare le rivolte nei territori settentrionali. Né lui né i suoi soldati faranno mai ritorno a Roma: nella selva di Teutoburgo un'orda di guerrieri capeggiati da Arminio tende un'imboscata alle truppe imperiali; i romani, stanchi e impreparati, vengono colti alla sprovvista e trucidati uno a uno. Dopo aver perso tutti gli uomini e le insegne, Varo e i suoi ufficiali, per il disonore, si tolgono la vita. È il momento in cui Roma si rende conto di non essere invincibile; ed è la spaventosa sconfitta che segna definitivamente l'arresto dell'espansione romana nell'Europa centrale. Peter S. Wells, con sicuro dominio delle fonti antiche - letterarie e archeologiche - e accattivante piglio affabulatorio, conduce il lettore sulle orme dei legionari romani e fa rivivere i loro ultimi istanti di vita, il panico e il dolore della disfatta. Ma racconta anche la prospettiva degli aggressori, di quei popoli sempre ritenuti barbari che, in definitiva, non hanno fatto altro che difendere la propria libertà e autonomia. Con "La battaglia che fermò l'Impero" - narrazione e documentato saggio storico - il Saggiatore invita a riscoprire la cronaca di un punto di svolta epocale, che spiega come da quel giorno sia cambiata la storia d'Europa e dell'umanità intera.

 

  • Giuseppe Cascarino: "Castra. campi e fortezze dell'esercito romano", 260 pgg., Il Cerchio, Rimini, 2010.

In questo imponente lavoro sulla tecnica e sull’ingegneria militare dei Romani, vengono trattati per la prima volta in modo monografico tutti gli aspetti dell’elemento che più di ogni altro ha costituito il segreto dell’invincibilità dell’esercito romano: il campo militare. Strumento primario di conquista e simbolo della proverbiale razionalità del genio romano, il castrum si trasformò spesso nel giro di pochi anni da semplice accampamento mobile nel nucleo fondante di molte delle più importanti città italiane ed europee, le cui tracce sono visibili ancora oggi. Con il consueto conforto delle fonti letterarie, storiche e iconografiche, e delle evidenze archeologiche, vengono analizzate nel dettaglio le tecniche di costruzione, l’organizzazione interna, le caratteristiche tecniche dei vari tipi di campi e di fortificazioni, dalle origini fino al periodo del tardo impero quando, con il consolidamento dei confini, i campi si trasformarono in fortezze stabili. Il testo è puntualmente accompagnato da oltre 200 tra disegni originali, schemi, tabelle e fotografie, ed è corredato dalla prima traduzione in italiano, con testo a fronte, del De Munitionibus Castrorum.

 

  • Giorgio Cencetti: "Lineamenti  di storia della scrittura latina", 559 pgg., Pàtron Editore, Bologna, 1997.

Ristampa della prima edizione dle 1956 a cura di Gemma Guerrini Ferri, con indici e aggiornamento bibliografico

 

  • Museo della Civiltà Romana: "Catalogo", Casa Editrice Carlo Colombo, 1958.

 

  • Anna Mura Sommella e Maria Elisa Tittoni: "I capolavori dei Musei Capitolini", Fratelli Palombi Editori, 1995.

 

  • Francesco Scoppola: "Museo Nazionale Romano. Palazzo Altemps", Electa-Mondadori, Milano,  1997.

 

  • Carlo Pavolini: "La vita quotidiana a Ostia", Laterza, Bari-Roma, 1996.

Carlo Pavolini offre uno spaccato della vita quotidiana del porto di Roma, che divenne col tempo uno straordinario centro cosmopolita, in contatto con l'intero Mediterraneo. Grazie anche a un ampio corredo di immagini, in questo libro parlano al lettore i resti piccoli o grandi della città, le epigrafi, gli strumenti di lavoro, le suppellettili domestiche, la ceramica, mosaici, le pitture.

 

 

  • Paul Veyne: "I misteri di Pompei", Garzanti, 2017.

La Villa dei Misteri di Pompei racchiude la più grande e meglio conservata tra le pitture dell'antichità classica: venti metri di splendidi affreschi con ventinove figure a grandezza naturale di musicisti, dèi, nudi maschili e femminili, sileni della corte di Dioniso. Che cosa rappresenta esattamente questo capolavoro ammirato ogni anno da migliaia di visitatori? Dal 1911 (l'anno della sensazionale scoperta) gli studiosi hanno proposto le teorie più diverse e suggestive. In questo libro illustrato Paul Veyne elabora una lettura complessiva che fonde il dato archeologico e quello storico e che costituirà un termine di confronto ineludibile per il futuro. Ma il suo non è solo un esercizio di decifrazione del passato. Veyne racconta una intera comunità di donne e uomini facendola rivivere sotto i nostri occhi a duemila anni di distanza dalla tragica fine, permettendoci di vedere il mondo con gli occhi degli antichi e celebrando l'eterno fascino di Pompei.

 

  • Marguerite Yourcenar: "Memorie di Adriano", Einaudi, Torino, 2014.

Giudicando la propria vita di uomo e l'opera politica, Adriano non ignora che Roma finirà un giorno per tramontare; e tuttavia il suo senso dell'umano, eredità che gli proviene dai Greci, lo sprona a pensare e servire sino alla fine. "Mi sentivo responsabile della bellezza del mondo" afferma, personaggio che porta su di sé i problemi degli uomini di ogni tempo, alla ricerca di un accordo tra la felicità e il metodo, fra l'intelligenza e la volontà. I "Taccuini di appunti" dell'autrice (annotazioni di studio, lampi di autobiografia, ricordi, vicissitudini della scrittura) perfezionano la conoscenza di un'opera che fu pensata, composta, smarrita, corretta per quasi un trentennio.

 

  • Yves Roman: "Adriano", Salerno Editrice, 2011.

Personalità esuberante e poliedrica, l'imperatore Adriano (76-138 d.C.) ha sempre intimidito gli storici al punto che pochi hanno avuto il coraggio di cimentarsi con la sua vicenda biografica. Yves Roman, storico francese, si confronta con questa sfida, ambiziosa e impegnativa, e offre alla nostra lettura un Adriano che è il contraltare storico delle "Memorie", brillantemente inventate da Marguerite Yourcenar.

 

  • Jean-Claude Golvin: "Viaggio nel Mediterraneo romano", 241 pgg., LEG Editore, 2018.

Mai nella storia il Mediterraneo e le terre che su esso si affacciano si trovarono a costituire un'unità politica, se non sotto l'autorità di Roma, durante i primi quattro secoli dopo Cristo. Il mare è una fonte di profitti infiniti per colui che sa dominarlo e mettersi in relazione con mondi stranieri: il Mediterraneo era così il centro dell'impero più grande e duraturo dell'Occidente, il collegamento tra Paesi più differenti allora di quanto forse non siano oggi. Questo libro ci porta in un lungo viaggio tra le sponde di un mare interno che unisce Oriente e Occidente, l'Europa e l'Africa. Alessandria, Rodi, Pozzuoli, Roma, Arles, Cartagine, Leptis Magna: sono tutte le fermate a cui attraccare, esplorando un mondo perduto ma in parte restituito, grazie alle magnifiche illustrazioni realizzate alla luce degli studi archeologici e storico-artistici. La lettura sarà dunque guidata dalla scia delle migliaia di barche che solcarono costantemente vaste distese d'acqua per il trasporto di grano, olio, vino con cui rifornire le principali città del mondo romano, mentre le flotte militari assicuravano la pace sul Mediterraneo, il mare che consentì ai romani di regnare sul mondo. Mare nostrum, "è il nostro mare", dissero.

 

  • Giorgio Franchetti: "A tavola con gli antichi romani.  Storia, aneddoti e tante ricette per scoprire come mangiavano i nostri antenati culturali", 368 pgg., Edizioni Efesto, 2007.

Come mangiavano gli antichi romani? Quanto spendevano per mangiare fuori casa? Cosa avremmo trovato nelle locande dell’epoca? Esistevano già le diete? E i sommeliers? A queste, e ad altre domande, prova a rispondere l’autore di questo libro, che vi prenderà per mano e vi condurrà in un incredibile e coloratissimo viaggio nel tempo alla scoperta delle abitudini alimentari dei romani. Potrete stupire i vostri amici con una cena particolare, di quelle con cui il famoso Apicio si divertiva a sorprendere i propri invitati con piatti incredibili. All’interno troverete 124 gustosissime ricette ricostruite dall’archeocuoca Cristina Conte ma anche 10 schede di approfondimento su alcuni importanti argomenti, come il garum, il mulsum, il myrtatum, cioè l’antica mortadella, e tanti aneddoti riguardo personaggi famosi dell’antica Roma.

 

  • Jacques André: "L'alimentazione e la cucina nell'antica Roma", 266 pgg., LEG Edizioni, 2016.

La storia dell'alimentazione diventa in queste pagine una storia sociale, culturale ed economica dell'antica Roma. Jacques André sviscera ogni ingrediente di questo argomento di assoluta importanza per comprendere la vita quotidiana nell'antichità e le radici della cucina e dell'agricoltura italiane fino ai giorni nostri. Nulla è trascurato: gli elementi botanici, le tecniche di coltura e lavorazione, le tradizioni e le mode, il rapporto tra cibo e classi sociali, i riferimenti ai grandi autori e ai legislatori, gli aspetti economici della produzione alimentare e, soprattutto, i dettagli accurati di una gastronomia elaborata, ricca e fantasiosa. Ogni informazione è suffragata da un ricco corredo di note bibliografiche, anch'esse componente fondamentale di questo libro erudito e curioso, destinato (come già avvenuto in Francia) a diventare un classico per gli appassionati di storia romana e di storia dell'alimentazione.

 

  • Antonietta Dosi e Giuseppina Pisani Sartorio: "Ars culinaria. Dal Piemonte alla Sicilia, i piatti degli antichi Romani sulle loro (e sulle nostre) tavole", 463 pgg., Donzelli, 2012.

Un viaggio a ritroso nel tempo, tra le mense e le dispense dei nostri antenati, alla ricerca delle origini remote della tradizione culinaria italiana. Un itinerario culturale non meno che gastronomico, per portare alle luce, nelle cucine regionali, i gusti e i sapori che ci provengono dal mondo italico e greco-romano. Si scopre così, tra queste pagine, che è soprattutto nei piatti della cucina povera - quella dei contadini, degli artigiani, dei bottegai - che si rintracciano le radici di una tradizione che si perde nel tempo, e che grazie a massaie inconsapevoli è giunta fino alle nostre tavole, sia pure con le inevitabili varianti dovute al trascorrere dei secoli. Un percorso di lettura e di sapori che passa in rassegna i frutti della terra coltivati dagli antichi e i loro alimenti animali, l'uso del vino, del miele e dei condimenti grassi; come pure i sistemi di cottura, le forme di preparazione e di conservazione dei cibi, gli utensili, le portate. Attingendo alle pagine più vive di Catone, Apicio, Ateneo, Plinio, Columella e ad altri classici, le autrici ci illustrano l'antica arte culinaria e le usanze di un tempo - i leggendari convivi, le rituali libagioni. E attraverso una messe di informazioni, curiosità e aneddoti ci aiutano a guardare nei nostri piatti, per riconoscere le antiche persistenze, accompagnandoci al tempo stesso nella sperimentazione di ricette millenarie, lungo il filo delle tradizioni gastronomiche regionali.

 

  • Lorenzo Dalmasso: "Il vino nell'antica Roma. Così bevevano i Romani", Wingsbert House, 2015.

Della gastronomia romana conosciamo molto, quasi tutto, grazie ai trattati culinari fortunatamente giunti fino a noi. Più oscuro, difficile da ricostruire è il loro rapporto con il vino: ancora più importante del cibo, se possibile, perché legato ad una dimensione spirituale, oltre che materiale. Il vino come tramite, "ponte" verso la dimensione del divino: ma un divino inquietante, imprevedibile e irrazionale. È vero che il vino in Roma si beveva diluito e mai puro? E non solo con acqua (anche calda) ma persino con resine e profumi? Che si preferivano i vini invecchiati dai tre lustri in su? Che alle donne era severissimamente proibito berne - salvo poi che Livia, la moglie di Augusto, si vantasse di avere raggiunto l'età di ottantasei anni facendone largo uso? A queste e a molte altre curiosità storiche, letterarie ed artistiche sul vino dei Romani risponde questo volume agile e divulgativo.

 

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

La caduta dell'Impero Romano d'Occidente:

Le invasioni barbariche e la fine della schiavitù (...quasi)

 

  • Peter Heather: "La caduta dell'Impero Romano. Una nuova storia", Garzanti, Milano, 2008.

La caduta dell'impero romano è da sempre uno dei più affascinanti enigmi della storia. Roma disponeva di una formidabile forza militare ed economica, su un territorio immenso, che si estendeva dal Vallo di Adriano ai confini con la Scozia fino all'Eufrate, dall'Africa settentrionale al Reno e al Danubio. Era una macchina perfetta e collaudata, con una rete capillare di strade e di fortezze, ricche città e una organizzazione amministrativa per certi versi insuperata. Tra la battaglia di Adrianopoli nel 378 d.C. e la deposizione dell'ultimo imperatore Romolo Augustolo nel 476 d.C., la superpotenza più longeva della storia venne sconfitta e occupata da bande di invasori "primitivi", distrutta da barbari ritenuti quasi incapaci di organizzazione e di pensiero razionale. Come è potuto accadere? Le ricostruzioni più diffuse hanno dipinto una civiltà decadente e corrotta, troppo "civilizzata" e magari indebolita dal cristianesimo. Ma a giocare un ruolo determinante furono anche semplici dettagli, come gli archi degli unni, più lunghi e potenti di quelli dei nemici, e il carico fiscale imposto dalla capitale alle province. Con una narrazione ricca di episodi e personaggi memorabili, Peter Heather confuta i luoghi comuni, mettendo a frutto le sue competenze economico-militari e le sue approfondite conoscenze sui barbari, ricostruendo in maniera brillante e persuasiva gli scontri e le battaglie, ma anche i tentativi di integrazione alle frontiere dell'impero.

 

  • Claudio Azzara: "Le invasioni barbariche", 190 pgg., Il Mulino, 2012.

A partire dai secoli quarto e quinto si verificò, negli immensi spazi compresi fra l'Asia e l'Europa, un vasto processo di spostamenti a catena di popolazioni eterogenee che, dopo un vario e lungo peregrinare, finirono per stabilirsi in sedi diverse da quelle d'origine, trasformando in profondità gli assetti del mondo allora noto, in concomitanza con il collasso dell'impero romano d'occidente. L'epoca delle grandi migrazioni dei popoli o, come si usa dire adottando il punto di vista dei romani, delle invasioni barbariche ha sempre esercitato una fortissima suggestione ed èattualmente oggetto di una particolare attenzione storiografica. Il profilo di Azzara ripercorre le complesse vicende che portarono alla sostituzione dell'impero d'occidente con una pluralità di regni barbarici assai eterogenei e di disuguale durata, fino agh estremi fenomeni migratori che investirono lo spazio europeo nei secoli decimo e undicesimo. La sua esposizione non solo fa il punto sulle singole questioni, ma indica le ulteriori linee di sviluppo dell'indagine storica su avvenimenti alla radice della nostra civiltà.

 

  • Edina Bozoky: "Attila e gli unni. Verità e leggende", 232 pgg., Il Mulino, 2014.

A partire dalle campagne di guerra che ebbero luogo nel 451 in Gallia e nel 452 in Italia, la fama di Attila come "flagello di Dio" attraverso i secoli si è fatta icona proverbiale. Ma chi era Attila e chi erano gli unni a cui si associa una così pertinace fama di devastazione e crudeltà? Questo libro racconta con esemplare chiarezza che cosa se ne sa in concreto, come si è formata ed evoluta nel tempo la loro leggenda, sorta quasi subito nell'agiografia cristiana, e come si è differenziata nelle diverse aree europee. Attila il terribile è infatti quello di area italiana, nei paesi germanici figura come re benevolo e generoso, e in Ungheria è addirittura un eroe nazionale.

 

  • Lev N. Gumilvev: "Gli Unni. Un impero di nomadi antagonista dell'antica Cina",  pgg. 269, Res Gestae, 2014.

Detti Unni per la loro fama di distruttori, gli Xiougnu sono la causa della costruzione della Grande muraglia cinese. Nel terzo secolo d.C. la forza di questa popolazione nomade dedita alla guerra minaccia da vicino la Cina. La ricostruzione di Gumilev è la più completa e preziosa sulle origini di un popolo che ancora oggi affascina e spaventa. Lingua, tradizioni e le arti marziali degli Unni di Cina hanno lasciato un segno indelebile nella memoria d'oriente. Un segno grandioso che serpeggia lungo i confini dell'antico impero.

 

  • Ian Hughes: "Ezio. La nemesi di Attila", 214 pgg., LEG Edizioni, Gorizia, 2017.

Nell'anno 451 d.C. Attila, con una forza enorme composta da unni, alleati e vassalli del suo già vasto impero, era penetrato a ovest attraverso la Gallia, ancora nominalmente parte dell'Impero Romano d'Occidente. Dopo avere preso d'assedio Orleans, solo un paio di giorni di marcia lo separavano dall'estendere il suo dominio dalla steppa eurasiatica fino all'Atlantico. Ma prima che ciò potesse avvenire, il 20 giugno 451 si svolse la battaglia dei campi Catalaunici, in una pianura della Gallia nei pressi dell'odierna Chàlons-en-Champagne. Nello scontro, le truppe del generale romano Ezio, reclutate soprattutto tra i barbari e affiancate dagli alleati visigoti di Teodorico I, prevalsero sugli unni di Attila. Ma chi era Ezio? Chi era l'uomo che salvò l'Europa occidentale dal giogo degli unni? Mentre Attila è familiare a tutti, la vicenda del generale romano è rimasta relativamente oscura. Ezio è una delle figure più importanti della storia del tardo Impero Romano e le sue azioni hanno contribuito a mantenere l'integrità dell'Occidente negli anni del declino. Prima della sua carriera ai vertici dell'esercito romano, fu un semplice ostaggio tra i goti di Alarico e poi con Rua, re degli unni. La sua permanenza presso questi due popoli contribuì a dargli una visione senza precedenti delle tecniche e delle strategie militari di questi 'barbari'. Pagine di storia in uno stile preciso e accattivante pongono Flavio Ezio in relazione con gli altri grandi protagonisti di un'epoca che trasfigura nella leggenda: insieme a Ezio e Attila, Alarico, Valentiniano III, Galla Placidia, Genserico e papa Leone I. In un vasto scenario che guarda da Aquileia alla Gallia, dalla Spagna a Cartagine, da Ravenna a Costantinopoli, i decenni fondamentali del passaggio tra tarda antichità e medioevo trovano in questo libro una narrazione in grado di misurarsi con eventi complessi, intrighi oscuri e lacune storiografiche, riuscendo a trasmettere il fascino di un'epoca travagliata e del suo grande protagonista: Flavio Ezio, terrore dei barbari e baluardo di Roma.

 

  • Hervé Inglebert: "La fine dell'impero romano in 100 mappe. Tarda antichità e migrazioni barbariche", 184 pgg., LEG Edizioni, Gorizia,  2019.

Sotto i colpi delle invasioni barbariche due imperi con la stessa origine presero strade completamente diverse: l'Impero romano d'Occidente si sgretolò, quello d'Oriente riuscì a resistere e risplendere ancora per qualche secolo. In Occidente, Roma non riuscì ad assorbire e integrare le orde di popolazioni barbariche che premevano ai suoi confini, e che avrebbe voluto sottomettere in quanto considerate inferiori. L'incapacità di gestire i flussi dall'esterno era il riflesso di un problema strutturale tanto profondo che il potere imperiale non riusciva a contenere neppure le popolazioni barbariche già insediate all'interno del suo territorio, come i Vandali e i Visigoti. Sarà l'ascesa del cristianesimo a consentire un riavvicinamento tra tedeschi e romani. La creazione di regni romano-barbarici (Gallia, Hispania, Africa) sigillerà definitivamente il destino dell'Impero occidentale dopo il 460. Mentre l'Impero romano d'Oriente perpetuerà l'ideale imperiale attorno a Costantinopoli nonostante l'impero persiano sasanide e le migrazioni di altre popolazioni. Più di 100 mappe e computer grafiche per comprendere la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, uno degli elementi principali della formazione del futuro mondo europeo.

 

  • Michel De Jaeghere: "Gli ultimi giorni dell'impero romano",  727 pgg., LEG Edizioni, Gorizia, 2018.

Senza dubbio il crollo della civiltà romana non ebbe né i tratti uniformi né la coloritura romantica con i quali è stato ammantato nella storiografia e nella letteratura, che si sono occupate per secoli di questo immane passaggio epocale. La scomparsa dell'Impero Romano d'Occidente fu il risultato di un'invasione violenta del territorio entro il limes da parte di popoli che volevano appropriarsi della sua ricchezza senza adottare le sue regole sociali, politiche, giuridiche. Tale processo produsse un disastro di difficile paragone rispetto ad altri accaduti nella storia. Nel corso di una narrazione densa di drammaticità, senza risparmiarci sorprese di ogni tipo e con sfoggio leggero di una vastissima cultura in materia, Michel De Jaeghere mette in rilievo le grandi figure di Teodosio, Stilicone, Alarico, di Galla Placida, Attila o di Ezio, e ricostruisce il secolo decisivo del passaggio tra l'irruzione dei Goti, nel 376, e l'epilogo imperiale, cento anni dopo, di Romolo Augusto. Il libro ripercorre in un epico affresco la società e le istituzioni della tarda antichità romana, il processo di avvicinamento e di presa di possesso del territorio e del potere da parte dei barbari, analizza la lunga ascesa dei popoli germanici all'interno del mondo romano, senza trascurare gli aspetti salienti di storia militare, politica ed economica che ridussero le autorità romane all'impotenza. Il testo, che corre su un doppio registro, riflette poi in particolare sulla grandezza e sui limiti della civiltà antica e sulle cause eterne del tracollo degli imperi.

 

  • Kyle Harper: "Il destino di Roma. Clima, epidemie e la fine di un impero", 510 pgg., Einaudi, Torino, 2019.

Intrecciando una solida narrazione storica con la scienza del clima e le scoperte della genetica, Kyle Harper evidenzia come il destino di Roma sia stato deciso non solo da imperatori, soldati e barbari, ma anche da eruzioni vulcaniche, cicli solari, instabilità climatica e virus e batteri devastanti. Il racconto prende le mosse dall'apogeo di Roma nel I secolo a.C., quando l'impero sembrava una superpotenza invincibile, fino alla sua completa disfatta nel VII d.C., quando Roma era ormai politicamente frammentata e impoverita. Harper descrive in che modo i Romani cercarono di resistere a un enorme stress ambientale, finché l'impero non fu più in grado di sopportare le sfide combinate di una piccola era glaciale e ricorrenti focolai di peste bubbonica. Riflessione sull'intima relazione dell'umanità con l'ambiente, "Il destino di Roma" offre al lettore una panoramica completa di come una delle più grandi civiltà della storia si sia arresa al peso cumulativo della violenza della natura.

 

  • Mirko Rizzotto: "Attila l'Unno. L'arco e la spada", 200 pgg., Graphe, 2019.

Attila, l’uomo che fece tremare l’Impero di Roma, è una figura misteriosa, sia per le sue origini, che per la morte inaspettata. Sappiamo quello che storia e tradizione ci hanno tramandato: guerriero spietato, razziatore implacabile e strumento scelto da Dio per punire gli uomini dai loro peccati. Tuttavia non conosciamo la vera natura del condottiero, né gli eventi che lo hanno posto alla testa delle orde unne che attraversano l’Europa gettando numerosi popoli nel terrore più assoluto. Come sconosciute sono le ragioni che permettono al generale romano Ezio di opporsi alla sua avanzata e di riuscire persino a sconfiggerlo nella furiosa battaglia dei Campi Catalaunici. Ripercorrendo quanto gli scrittori antichi hanno lasciato su di lui, Mirko Rizzotto analizza le vicende del Flagello di Dio, cercando di comprenderne i segreti delle tattiche militari e delle manovre politiche che tanto misero in crisi l’Impero romano già in evidente declino.

 

 

 

"Cristo attorniato da angeli e santi",  particolare del mosaico della Basilica di Sant'Apollinare Nuovo, VI Sec. d.C., Ravenna. Fonte iconografica: Wikipedia.

 

 

 

Gesù e il centurione pagano:

 

 

 

LIBRI SUL CRISTIANESIMO DELLE ORIGINI

 

  • A cura di Piergiorgio Beretta: "Vangeli e Atti degli Apostoli", testo greco di Nestle-Aland, traduzione interlineare di Alberto Bigarelli, testo latino della Vulgata Clementina, testo italiano della Nuovissima versione della Bibbia, San Paolo Edizioni, Cinisello Balsamo, Milano, 2005.

 

  • "La Sacra Bibbia", "I Libri dell'Antico e del Nuovo Testamento”, Conferenza Episcopale Italiana e Unione Editori e Librai Cattolici Italiani, Roma, 2008.

 

  • Friedhelm Winkelmann: "Il cristianesimo delle origini", Il Mulino, Bologna, 2004.

Questo studio percorre la storia dei primi tre secoli del cristianesimo, dalla morte di Gesù Cristo al IV secolo, epoca del definitivo riconoscimento della sua legittimità da parte dell'imperatore Costantino e della formazione di una Chiesa imperiale romana. Con ampio ricorso alle fonti, l'autore ricostruisce le diverse fasi di questa storia, nel corso della quale quella che era nata come una setta giudaica, perdipiù perseguitata, si consolida e si trasforma a tal punto da divenire una religione universale. L'analisi si concentra sulle dinamiche che hanno fatto di un culto minoritario una religione di stato, sulle ragioni dell'allontanamento fra cristianesimo e giudaismo e sulle conseguenze dell'integrazione fra cristianesimo e cultura ellenistico-romana.

 

  • Jean-Pierre Lémonon: "I giudeo-cristiani, testimoni dimenticati. Un percorso tra i "silenzi" del Nuovo Testamento e gli scritti dei Padri", Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2007.

La storia è scritta dal punto di vista dei vincitori. I vinti lasciano poche testimonianze dirette, spesso filtrate dalla visione di coloro che hanno contribuito alla loro scomparsa. Ed è incontestabile che in seno allo stesso cristianesimo primitivo alcune tendenze che godettero di successo finirono poi con l'uscire dalla storia. Chi erano e che fine hanno fatto quei giudei che accolsero Gesù come Messia pur mantenendo uno stretto legame con i modi di vivere la fede d'Israele? Chi erano gli ebioniti e i nazorei? Che rapporto avevano con gli apostoli Paolo e Giacomo? Attraverso un affascinante percorso tra gli scritti dei Padri e i "silenzi" del Nuovo Testamento, Lémonon delinea il profilo di questi cristiani dimenticati, testimoni di una continuità tra Israele e la Chiesa, eppure rigettati tanto dal cristianesimo quanto dal giudaismo.

 

 

 

 

Agostino in un affresco di Sandro Botticelli, 1480 d.C.

Fonte: Wikipedia: Agostino d'Ippona.

 

 

SU SANT'AGOSTINO D'IPPONA,

UNO DEI MASSIMI PENSATORI DI TUTTI I TEMPI

 

  • Agostino: "La Città di Dio", (De civitate Dei, 416-426 d.C.), a cura di Luigi Alici, Bompiani, Milano, 2001.

Riproporre la lettura della Città di Dio, in una nuova traduzione italiana che si esprime in un linguaggio vivace e moderno, eppur fedele e attento al testo antico, significa allacciarsi a una lunga tradizione. Da quando discepoli di sant’Agostino, come Paolo Orosio, cominciarono a leggere quei libri a mano a mano che venivano composti e pubblicati, non si è mai più smesso di riprendere in mano l’opera agostiniana. Vi si rispecchiò l’anima di tutto il Medioevo fino a Dante, vi si riconobbero i pensatori dell’Umanesimo e della Riforma, vi trovarono alimento le meditazioni ecumeniche di uomini d’opposta sponda, come Bossuet e Leibniz, e poi quelle, progressivamente laicizzanti, dei filosofi della storia, da Vico a Hegel a Comte, e infine l’agostinismo meno dichiarato, ma profondo, del pensiero cristiano contemporaneo, da Blondel a Mauriac a Claudel, agli storici e filosofi interessati al mondo tardo antico e medievale, come Marrou e Gilson.

Agostino cominciò a scrivere La Città di Dio sotto l’impeto di violente emozioni: il sacco di Roma del 410 da parte dei Visigoti di Alarico, l’incontro in Africa con i profughi in fuga dall’Italia, le accuse della società pagana contro i cristiani. Gli dèi sono sdegnati, si diceva, e hanno abbandonato la custodia dell’Urbe e dell’Impero. L’opera, “un’impresa grande e difficile” come egli stesso la chiama, fu scritta lentamente, nell’arco di quasi un ventennio, interrotta spesso da altri impegni pastorali e dottrinali (le controversie con i donatisti e con i pelagiani), giungendo a compimento negli ultimi anni di vita del santo. Allora anche la sua città, la piccola Ippona nella grande Africa romana, stava per essere investita ormai dalle ondate barbariche dei Vandali. Agostino si preoccupa di ribattere le accuse dei superstiti pagani. Nella prima parte (libri I-X) l’opera è come l’ultima delle apologie cristiane contro gli dèi “falsi e bugiardi”. Ma nella seconda parte (libri XI-XXII) la Città di Dio rappresenta l’espressione più viva della speranza cristiana nella disperazione d’una civiltà in rovina. Posta al crepuscolo, fra lo splendido tramonto del mondo antico e un’alba ancora incerta, essa stabilisce i fondamenti per inscrivere in un significato generale i grandi eventi storici. Ove si scopra che la storia è guidata dalla Provvidenza, allora ogni avvenimento, la piccola vicenda personale come le grandi svolte dell’umanità, s’illumina d’un significato. L’oscuro non-senso si dissolve. E ciò basta a sorreggere le forze e ad animare la pazienza dell’uomo.

 

  • S. Agostino: "Le confessioni", (Confessiones, 397-400 d.C.), traduzione e note di Giorgio Sgargi, Rusconi Libri, 2012.

Le confessioni, opera complessa ed intensa di Sant'Agostino, nonostante sia stata scritta intorno al 400 d.C., conserva una grande modernità che la rende una lettura sempre attuale e coinvolgente. L'opera, che si compone di XIII libri, si rivela soprattutto un testo autobiograficointrospettivo, nel quale Agostino narra la tormentata storia della propria conversione alla fede cattolica, dopo aver subito per lungo tempo le attrative mondane.

 

  • Sant'Agostino: "Il libero arbitrio", (De libero arbitrio, Roma, 387-388 d.C.; completato nel 395 a Ippona), a cura di Rita Melillo, Città Nuova Ed., Roma, 2011.

Sin dalla giovinezza Agostino è profondamente turbato dalla presenza del male, tanto che tutta la sua vita ruota intorno alla soluzione di tale enigma. Da dove deriva il male? Come si spiega? In cosa consiste? Con queste domande si apre Il libero arbitrio, l'opera espressamente dedicata all'argomento, in cui il vescovo di Ippona prende in esame il male che l'uomo compie liberamente. Dio, spiega Agostino, ha creato l'uomo libero di scegliere perché possa decidere di compiere sempre il bene, guardando a Cristo, Sommo Bene, Amore, Verità.

 

  • Agostino: "Sull'anima. L'immortalità dell'anima. La grandezza dell'anima", (De immortalitate animae, Milano, 387 d.C.; De quantitate animae, Roma ca. 388 d.C.), a cura di Giovanni Catapano, con testo latino a fronte; Bompiani/RCS Libri, Milano, 2012.

In questo volume sono pubblicate le due operette giovanili di Agostino che trattano il tema dell' "anima". La prima, il De immortalitate animae, fu scritta a Milano nel 387, mentre Agostino si preparava a ricevere il battesimo. Questo trattato presenta una densa concatenazione di argomenti a favore dell'immortalità dell'anima, che devono molto al neoplatonismo plotiniano e porfiriano. La seconda, il dialogo De quantitate animae, nacque circa un anno dopo, dalle conversazioni che Agostino ebbe con l'amico Evodio. La discussione intende mostrare che l'anima è priva di estensione spaziale e che la sua "grandezza" sta invece nel valore della sua attività, considerata in sette livelli ascendenti, dalle funzioni vegetative alla visione di Dio.

 

  • Agostino: "Natura del bene", (Natura boni, 399-406 d.C.), a cura di Giovanni Reale, con testo latino a fronte; Bompiani/RCS Libri, Milano, 2008.

Il "De natura boni" è un breve trattato introduttivo intorno al problema del male: qual è la sua natura e perchè esiste? Domande a cui Agostino risponde a partire dal concetto di Bene. E allora il male diventa privazione del Bene stesso, ossia mancanza di misura, di forma e di ordine.

 

 

 

 

 

Sant'Agostino - Episodio 1

RAI-RadioTelevisione Italiana,

Una coproduzione Italia, Germania, Polonia. Interpreti: Alessandro Preziosi, Monica Guerritore, Franco Nero, Katy Louise Saunders, Sebastian Strobel, Serena Rossi, Johannes Brandrupt, Andrea Giordana. Regia di Christian Duguay, 2010:

 

Sant'Agostino - Episodio 2

RAI-RadioTelevisione Italiana,

Una coproduzione Italia, Germania, Polonia. Interpreti: Alessandro Preziosi, Monica Guerritore, Franco Nero, Katy Louise Saunders, Sebastian Strobel, Serena Rossi, Johannes Brandrupt, Andrea Giordana. Regia di Christian Duguay, 2010:

 

 

 

 

 

ROMANZI UCRONICI SULL'IMPERO ROMANO

 

  • Sophia McDougall: "Romanitas. 2757 A.U.C. L'Impero Romano vive ancora", 551 pgg., Newton Compton, 2006.
  • Sophia McDougall: "Roma brucia", 560 pgg., Newton Compton, 2008.
  • Sophia McDougall: "Il sangue di Roma", 432 pgg., ebook, Newton Compton, Milano.

 

 

 

 

 

 

ESSENTIAL BIBLIOGRAPHY

ON ROMAN ARCHITECTURE

 

  • Henri Stierlin: "The Roman Empire: From the Etruscans to the decline of the Roman empire", Benedikt Taschen Verlag GmbH, Cologne, Germany, 1997.

Covers all the major Roman amphitheatres and arenas, temples and baths, aqueducts and fortresses, but also Pompeii and Hardpan's Villa at Tivoli Monumental in scale and technically highly developed, the architecture that produced the forums, baths, and aqueducts of the Roman Empire still dazzles us today. This volume deals with Roman architecture in Italy, France, Spain, the Rhineland and North Africa. Starting with Villanova and Etruscan culture, it includes the major buildings of the late Roman Republic and principally those of the Empire. Pompeii, the Golden House of Nero, Hadrian's Villa at Tivoli, and the Diokletian baths among many more, are considered. This volume describes an architectural history that interprets the entire Roman culture rather than merely describing its buildings, offering a new and exciting contribution to the history of Roman Architecture.

 

  • John Bryan Ward-Perkins: "Roman Architecture", Electa Architecture, Milan, Italy, 2003 .

This volume begins with a comparison between the Parthenon and the Pantheon, whose simplicity and dignity represented a new level of sophistication in architecture based on a system of vaults and cement construction. The first part of the book examines the practices that originated in central Italy, the great complexes of the Republican era, and the projects of the Augustan age, culminating in the layout of the Forum. This is followed by analysis of the construction method known as opus caementicium, with examples of works from the complex of Trajan's Market to projects realized by Hadrian. The author goes on to consider the Rome of late antiquity, where key buildings provide powerful examples of the complex phenomenon of Imperial Rome. The book also discusses Roman architecture in such diverse areas as Thessalonica, Ephesus, Constantinople, Nimes, Verona and Pompeii, with an overview of developments in southern Italy and the provinces.

cture.

 

  • John Bryan Ward-Perkins: "Roman Imperial Architecture", Yale University Press, New Haven, Connecticut, U.S.A., 1992.

The history of Roman Imperial architecture is one of the interaction of two dominant themes: in Rome itself the emergence of a new architecture based on the use of a revolutionary new material, Roman concrete; and in the provinces, the development of interrelated but distinctive Romano-provicial schools. The metropolitan school, exemplified in the Pantheon, the Imperial Baths, and the apartment houses of Ostia, constitutes Rome's great original contribution. The role of the provinces ranged from the preservation of a lively Hellenistic tradition to the assimilation of ideas from the east and from the military frontiers. It was—finally—Late Roman architecture that transmitted the heritage of Greece and Rome to the medieval world.

 

 

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T H E   B L U E   S H E L L

A HOME WITH A THERMAL 

SHIELD OF SAND

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

T H E   Z E B R A S

CHAIRS & TABLES BY POLYCARBONATE

ALUMINIUM TUBES

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ACKNOWLEDGMENTS

Even the longest journey begins with a first step! Systemic Habitats is on line since the 18th of May 2012. This website was created to publish online my ebook "Towards a different habitat" on the contemporary architecture and urbanism. Later many other contents were added. For their direct or indirect contribution to its realisation strarting from 2012, we would like to thank: Roberto Vacca, Marco Pizzuti, Fiorenzo and Raffaella Zampieri, Antonella Todeschini, All the Amici di Marco Todeschini, Ecaterina Bagrin, Stefania Ciocchetti, Marcello Leonardi, Joseph Davidovits, Frédéric Davidovits, Rossella Sinisi, Pasquale Cascella, Carlo Cesana, Filippo Schiavetti Arcangeli, Laura Pane, Antonio Montemiglio, Patrizia Piras, Bruno Nicola Rapisarda, Ruberto Ruberti, Marco Cicconcelli, Ezio Prato, Sveva Labriola, Rosario Francalanza, Giacinto Sabellotti, All the Amici di Gigi, Ruth and Ricky Meghiddo, Natalie Edwards, Rafael Schmitd, Nicola Romano, Sergio Bianchi, Cesare Rocchi, Henri Bertand, Philippe Salgarolo, Paolo Piva detto il Pivapao, Norbert Trenkle, Antonietta Toscano, Gaetano Giuseppe Magro, Carlo Blangiforti, Mario Ludovico, Riccardo Viola, Giulio Peruzzi, Ahmed Elgazzar, Warren Teitz, and last but not least Lena Kudryavtseva.  M.L.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

         

 

 L ' I N G E G N E R

M A R C O   T O D E S C H I N I

c .   1 9 5 6 .

 

 

 

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T H E  L A R G E   B A T H S

 a   s i g n   o f   l i f e   o n   t h e   e a r t h

 

f o r   h u m a n   b e i n g s

 

 

 

 

 

N E W !

TOWARD A DIFFERENT HABITAT, Voll. 1 & 2

625 pages, Print Edition, Lulu Press, Inc., 2024:

R e a d   i t   n o w  !

 

 

 

 

N E W !

LUIGI PELLLEGRIN E IL LAB.!

L e g g i l o   a d e s s o  !

 

 

 

 

 

 

N E W !

DESIGNS FOR SYSTEMIC HABITATS !

S e e   n o w  !

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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              Thanks for your visit !

 

M.L.