"Teoria dei vortici cartesiani"

 

di Bernard de Fontenelle

 

 

 

SPAZIO-PIENO O SPAZIO-VUOTO? 

DUE COSMOLOGIE A CONFRONTO NEL SETTECENTO:

I VORTICI DI CARTESIO 

LA GRAVITAZIONE UNIVERSALE DI NEWTON.

 

Trascrizione, traduzione e commento di Michele Leonardi - pagina 3

 

 

Bernard le Bovier de Fontenelle (1657 - 1757) in un ritratto di Nicolas de Largillière.

Prosegue quindi il de Fontenelle:

 

« 7. Io non ipotizzo alcuna attrazione, ma solamente le leggi del movimento riconosciute da tutti i Filosofi; nonché (ipotizzo) che la materia, una volta creata, e, avendo ricevuto dal Creatore una prima impressione di movimento in tutte le sue parti, credo che essa possa in un tempo qualsiasi ed anche infinito, mettersi, in virtù delle sole leggi del movimento, nello stato in cui noi vediamo oggi l’Universo; ciò non è meno concepibile di quanto non lo siano le (singole) parti (in movimento) di un (gigantesco) Pendolo (immaginate) distaccate le une dalle altre, e le parti delle parti, a forza di essere agitate tutte insieme, venissero infine a disporsi di modo che esse formino un Pendolo regolare: è necessario che la mano dell’orologiaio si applichi all’opera, e che questa mano sia condotta con intelligenza: egli non farà nulla che non sia secondo le leggi del movimento, ma queste leggi da sole non avrebbero fatto da sole quello che sarà. L’applicazione di questa spiegazione all’Universo e al suo Autore, si presenterà molto facilmente.

Si è detto che il numero delle configurazioni che può assumere la materia semplicemente agitata durante un tempo infinito, essendo infinito, la disposizione che essa assumerà con il concorso di una intelligenza, vi è necessariamente compresa. Ma io rispondo che questi due tipi di disposizioni, l’uno senza il concorso di un’intelligenza, l’altro con questo concorso, sono due infiniti differenti, come la successione infinita dei numeri pari, e quella dei dispari, ove alcuno dei termini dell’una si trova in quella dell’altra.»

 

Qui di seguito saltiamo alcuni capitoli oppure la loro traduzione completa, comunque meritevoli di essere letti e tradotti in futuro, ma piuttosto scontati per chi conosca a fondo la Teoria delle Apparenze dell’Ing. Marco Todeschini, mentre concentriamo ancora una volta la nostra attenzione sulle questioni notevoli pregresse, sempre in retrospettiva. Dopo Marco Todeschini e le sue rivoluzionarie scoperte, è come se stessimo vedendo un film di cui conosciamo già la fine: René Descartes, il de Fontenelle, e tutti i cartesiani, erano andati vicinissimi alla verità, ciononostante non avevano allora saputo rispondere in modo esauriente preventivamente, contemporaneamente o a posteriori, a quelle che sarebbero state le successive legittimissime obiezioni dei sostenitori dello spazio-vuoto, gli Illusionisti newtoniani, i quali ultimi se avessero spremuto un poco più le meningi, e fatto qualche semplice sperimento in più sui vortici (rimprovero che va mosso pure ai cartesiani, in fondo si trattava di far ruotare una massa d’acqua in un recipiente e di posizionarvi dei piccoli corpi sferici), probabilmente avrebbero risolto il mistero della gravitazione secoli prima del Todeschini. Ma forse così dicendo stiamo sminuendo l’impresa sovraumana del Nostro e la Sua intelligenza decisamente inconsueta, sostenuta e illuminata dalla sua profonda fede in qualcosa di più che il semplice Caso.

 

"Teoria dei Vortici cartesiani; con delle riflessioni sulla Attrazione"

di Bernard Le Bouyer de Fontenelle, Parigi, 1752.

“Cap. 2 – Sulla forza centrifuga”:

 

« 8. ( La forza centrifuga ) E’ una legge del movimento, che dal momento in cui un corpo è mosso, non sia dovuto ciò che a causa di un impulso istantaneo, esso continuerà senza fine a muoversi in linea retta, secondo la direzione che gli ha dato inizialmente la forza motrice, e con il grado di velocità che esso ha ricevuto, a meno che esso non venga a perdere il suo moto, comunicandolo ad altri corpi che esso incontrerà, o a cambiare la sua direzione, perché questi stessi corpi gli faranno prendere altre direzioni. »

 

« 9. Quando un corpo nel suo movimento descrive un cerchio, non importa qui quale ne sia la causa, si muove in ogni istante infinitamente piccolo secondo una linea retta infinitamente piccola, che è uno degli elementi o lati del Poligono circolare infinito: esso dovrebbe dunque ( 8 ) continuare a muoversi secondo questa linea retta, che allora diventerà finita, e secondo la tangente al cerchio nel punto da cui il corpo sarà partito; ma la causa che produce il movimento circolare, impedisce che ciò accada. Il corpo che, se fosse stato abbandonato a sé stesso, avrebbe seguito la direzione della prima piccola linea retta, è obbligato ad allontanarsene per seguire quella di una seconda linea retta, e così di seguito: esso patisce una sorta di violenza che in ogni istante gli impedisce di sfuggire secondo la tangente al cerchio.»

 

« 10. Io chiamo Tendenza, questa specie di sforzo sempre sussistente, e sempre represso.»

 

Dalla T.d.A. ora noi sappiamo che la causa della forza centrifuga altro non è che la resistenza opposta dalla massa di spazio fluido al corpo (il cui reticolo cristallino, atomo per atomo che lo costituisce, particella per particella, i suoi trilioni e trilioni di particelle che vanno ad urtare la massa continua di spazio fluido-dinamico) che altrimenti seguirebbe il suo moto rettilineo istantaneo. Ed è sempre lo stesso campo rotante di spazio fluido centromosso, ovvero il turbine, il vortice dei cartesiani che trascina i singoli corpi nel suo moto rotatorio istante dopo istante, costringendoli appunto a rotorivoluire intorno al proprio asse di rotazione, nonché attraendoli verso il suo centro per effetto Magnus; e quest’ultimo altro non è che un effetto che si produce nella struttura dinamica “a cipolla” dello stesso campo rotante centromosso Todeschini (o “campo rotante di spazio fluido centromosso”, il che è lo stesso), in cui, poiché le successive falde sferiche “cave”, di spessore costante e velocità costante in ogni loro punto, hanno velocità decrescenti dal centro verso la periferia, fino ad avere velocità rotazionale nulla nell’ultimo strato laminare sferico cavo, ciò causa nei corpi immersi nel campo centromosso Todeschini un movimento rotatorio di ciascuno dei loro atomi per attrito – ovvero per urto -, con lo spazio fluido, che li porta ad avvicinarsi via via verso il centro del campo. Alla luce della T.d.A., la componente centripeta di questo movimento dovuto all’effetto Magnus, altro non è che la misteriosa forza di gravità. L’altra componente, ortogonale alla prima, sempre dovuta all’urto della corrente di spazio fluido rotante centromosso, non è altro che la cosiddetta misteriosa forza centrifuga.

Quindi, se poniamo un corpo qualsiasi in quiete iniziale e lo immergiamo in un punto qualsiasi di un vortice cartesiano, corrispondente ad un campo di spazio fluido rotante centromosso Todeschini, succederà che questo corpo verrà vieppiù attratto verso il centro del campo seguendo un percorso – una legge -, che è quella della Spirale Universo o Spirale Todeschini. Tale spirale del percorso del corpo in trascinamento è piana solamente all’equatore del campo centromosso, tuttavia non è affatto piana, bensì elicoidale, per tutti gli altri percorsi in cui il corpo si trova in un punto iniziale non giacente sul piano equatoriale del campo centromosso di spazio fluido. In realtà esiste anche un secondo percorso particolare del corpo trascinato dalla corrente di spazio fluido rotante centromosso, ed è quello in cui il punto iniziale del corpo in quiete lasciato in balia della corrente, coincide, giace, con l’asse di rotazione dello stesso campo di spazio fluido rotante centromosso; in quest’ultimo caso infatti la spirale universo si riduce ad un’elica con un raggio infinitamente piccolo, ma l’effetto Magnus è sempre presente, e porta il corpo ad avvicinarsi inesorabilmente verso il centro del campo, mentre la corrente circolare costringe il corpo a ruotare su se stesso sincronizzandosi con la corrente rotazionale centromossa del campo di spazio fluido.

Invece, se il corpo immerso nel campo rotante Todeschini ha una velocità iniziale diversa da zero, la sua traiettoria sarà un po’ più complessa, e risulterà essere in funzione, istante dopo istante, null’altro che della composizione della direzione del suo moto rettilineo iniziale, dell’intensità della sua velocità, e della legge della spirale universo.

Che cos’è infatti che fa aumentare (oppure diminuire) la velocità dei satelliti artificiali lanciati nello spazio quando si avvicinano ad un corpo celeste? L’effetto catapulta si ha a seconda che il moto “rettilineo” del satellite artificiale sia equiverso o meno con il senso di rotazione del campo rotante centromosso Todeschini, oltre che naturalmente dall’angolazione secondo la quale esso si avvicina alla superficie del pianeta. Normalmente questo effetto catapulta, o giavellotto, spaziale viene spiegato come dovuto alla forza centrifuga, mentre la forza di gravità del pianeta “trattiene” a sé per un periodo limitato di tempo il satellite artificiale, finché non gli “sfugge”. Ma cos’è la forza centrifuga per la fisica newtoniana?

Per la fisica newtoniana la forza centrifuga sarebbe il risultato, istante dopo istante, dell’effetto risultante combinato da: 1) il moto rettilineo sempiterno del satellite artificiale che si muove nel vuoto assoluto; 2) e della forza di gravità attrattiva del pianeta.

Come si combini tutto questo, istante dopo istante, non è scritto in nessun libro di astrofisica. Infatti: se il pianeta attrae il satellite artificiale che si muove di moto rettilineo ed è in prossimità del pianeta, al più potrà deviarne la traiettoria, rallentandola per giunta. Non si capisce invece perché mai – attraverso quale misterioso influsso -, il pianeta dovrebbe cedere un po’ del suo momento angolare di moto al satellite, visto che tra il pianeta e il satellite c’è solo il nulla: il vuoto assoluto (o quasi, comunque il vuoto assoluto costellato di sparuta materia, qualche atomo qua e là).

 

A proposito di misteriose trasmissioni di quantità di moto attraverso il … nulla, lo spazio vuoto. Qualcuno di voi se l’è mai bevuta la storiella che un satellite artificiale – posto nello spazio interplanetario, dove la materia è estremamente rarefatta -, riesce a spostarsi a suo piacimento mediante un getto di plasma incandescente di gas?

La spiegazione (pseudo) scientifica accademica del fenomeno sarebbe questa: il reattore del satellite espelle questa massa di gas incandescente verso lo spazio praticamente vuoto, e in base al principio di azione e reazione il satellite riceve una spinta uguale ed opposta a quella del getto. Ma tutto questo è solo un gioco di parole, perché un getto di gas incandescente, di plasma, che si propaga, che si espande nello spazio praticamente vuoto, che cosa va ad urtare?

Vista la densità del mezzo interstellare, che è dell’ordine di grandezza di 1 particella (ioni, atomi, molecole, granuli di polveri) per ogni centimetro cubo di spazio vuoto, praticamente il getto di plasma incandescente in espansione va ad urtare praticamente il nulla. Di rimando, come potrà mai il satellite ricevere una controspinta se: 1) il gas si sta espandendo nel nulla, che nessuna, dico nessuna, reazione può trasmettere né al getto di plasma, né secondariamente al satellite; 2) la controspinta risultante che possono fornire le poche particelle sparse nello spazio interstellare è insignificante. Onde per cui il baricentro del sistema satellite-getto di plasma-particelle interplanetarie si sposterà sì nella direzione opposta a quella del getto di plasma in espansione nello spazio vuoto, ma in una misura intuitivamente assolutamente insignificante. I sostenitori dello spazio vuoto diranno, arrampicandosi sugli specchi, che poiché nello spazio vuoto non c’è praticamente resistenza, attrito, da parte della materia interstellare, quella controspinta insignificante basterebbe a far muovere il satellite.

 

Non c’è bisogno di barcamenarsi in calcoli, per altro piuttosto semplici, con azioni e reazioni risultanti delle masse in gioco, per rendersi conto che nello spazio vuoto, o quasi, il nostro satellite artificiale non potrebbe deviare la sua traiettoria neanche di un milionesimo di grado, e tanto più decelerare oppure aumentare la propria velocità con qualche spruzzetto di gas incandescente nel vuoto, o quasi vuoto.

Noi invece sappiamo, grazie al Todeschini, che tale reazione, tale controspinta è essenzialmente la risultante della reazione di un inerte che non è il vuoto assoluto, cioè lo spazio-vuoto, bensì la reazione risultante dello spazio pieno, lo spazio fluido che permea l’universo e ogni briciola di materia. Insomma, il nostro satellite artificiale è immerso purtuttavia in un fluido, e da esso riceve primariamente la controspinta, la reazione uguale e contraria che gli permette di spostarsi nella direzione opposta quella del getto di fluido incandescente (il plasma del suo bruciatore).

In altre parole, per fare un esempio, è la stessa cosa che succede con le imbarcazioni che usano getti di acqua a pressione espulsi dal proprio motore per spostarsi nell’acqua; chiunque ne avrà visto uno con i propri occhi, un motoscooter ad idrogetto, o almeno in un filmato.

Ora, immaginate che un tale motoscooter ad idrogetto sia posto nello spazio interplanetario; secondo voi, pure avendo un grosso serbatoio di acqua a disposizione, un getto di acqua ad altissima pressione espulso da tale scooter spaziale, se si espande nel vuoto assoluto, o nel “quasi vuoto assoluto”, da che cosa mai potrebbe ricevere una controspinta atta a far muovere un tale colosso di motoscooter composto di miliardi di miliardi di miliardi di atomi?

Succederebbe, in uno spazio vuoto siffatto (che è quello che ci vogliono dare ad intendere i neo-newtoniani), che i trilioni di trilioni di molecole di acqua si espanderebbero, praticamente senza incontrare alcuna resistenza, ovvero senza urtare quasi nulla, si espanderebbero pacificamente nel vuoto. Sì, ci sarebbe anche qualche urto con qualche particella, con il risultato però che la particella verrebbe costretta, una volta urtata, ad allontanarsi nella direzione opposta a quella dell’idrogetto in espansione nel nulla.

Ecco, ora i newtoniani tirano fuori dal loro cappello magico un’altra perla di scienza (si badi bene, il principio è vero, ma la sua applicazione a questo contesto non è perfettamente appropriata): in tutto questo processo il baricentro complessivo della massa globale data dal sistema satellite-getto di plasma-materia interstellare ultrararefatta si è spostato nella direzione opposta a quella del getto di plasma. Sì che si è spostato, basta fare due calcoli elementari, ma di una misura insignificante, insufficiente a spiegare tanto moto!

 

Insomma, per farla breve e per non annoiare chi conosce già la Teoria delle Apparenze, ed in particolare la Spazio-dinamica del Todeschini, sarebbe bastato questo a far sorgere il dubbio che lo spazio potesse mai essere vuoto, almeno nell’era spaziale dei lanci di satelliti artificiali. Per fare un esempio simile, c’è un fenomeno piuttosto strano che è il seguente. Avete mai notato che ancora prima che esca dall’ugello un getto di acqua ad alta pressione, da un tubo di un rubinetto di quelli allungati, oppure da una pompa, voi percepite una controspinta iniziale un istante ancor prima appunto che tale getto abbia investito un oggetto solido, oppure almeno l’aria? Non è sempre facile notarlo, ma la cosa in alcuni di voi avrà suscitato almeno una volta una certa perplessità, costringendovi a credere che sia dovuta al volumetto d’aria all’interno del tubo che viene per primo espulso prima dal tubo stesso.

 

Ora invece cerchiamo di capire a quale punto vuole arrivare il de Fontenelle, ossia se anche lui, al pari dei newtoniani dia per scontata la forza centrifuga come la forza di gravità, indagandone o accettandone il “come”, ma senza interessarsi al “perché”, al preciso meccanismo d’azione del fenomeno.

 

« 11. Se il corpo sfuggisse secondo una tangente qualsiasi del cerchio, esso proseguirebbe il suo movimento in linea retta secondo la direzione di questa tangente, e di conseguenza si allontanerebbe sempre di più da questo stesso medesimo centro del cerchio, da cui dapprima esso si teneva sempre ad una distanza uguale. La sua tendenza a sfuggire si chiama dunque: forza centrifuga.»

 

E fin qui il Bernard de Fontenelle sembrerebbe della stessa opinione, almeno riguardo la forza centrifuga, di un qualsiasi newtoniano. Per altro il lettore badi bene che qualsiasi mia accesa critica non è mai rivolta alle persone o alla personalità di un Newton, Einstein, o chi altri ancora. Né tanto meno, come ben sappiamo, l’Ing. Todeschini ha mai scritto o detto una cosa del genere. Nessuno qui o altrove vuole dare dello stupido a nessuno nella faticosissima ricerca della agognata adogmatica verità, seppur transitoria, effimera, umanamente limitata che essa sia.

 

« 12. La forza centrifuga non è propriamente che la medesima forza che produce la circolazione, alterata, solamente, quanto a direzioni che la circolazione stessa fa cambiare in ciascun istante. Una più grande forza di circolazione produrrà sempre una maggiore forza centrifuga ad essa proporzionata.»

 

Ecco qua: abbiamo appena visto che il grande de Fontenelle spiegava la forza centrifuga come effetto sui corpi del movimento della corrente di spazio fluido, e non con la barzelletta post-newtoniana che un corpo generico vaga sempre per lo spazio, ovviamente di moto rettilineo, e poi, “tralla-là, firulì-firulà”, musica di sottofondo per aumentare il phatos, l’oscuro imperscrutabile raggio trattore alla Star Trek della cosiddetta forza di gravità lo attirerà a sé per l’eternità, o quasi. Tra l’altro i sostenitori dello spazio-vuoto e della balla spaziale del Big Bang ci devono ancora spiegare perché, dopo la ciclica o meno, esplosione iniziale, le particelle di materia ipereccitata (stracolme di quantità di moto, di energia incontenibile, e forse anche di amore, sob!), in espansione nello spazio-vuoto a partire da un fantomatico centro, non si sarebbero dovute vieppiù disperdere per sempre, allontanandosi l’una dall’altra definitivamente, piuttosto che aggregarsi in macrostrutture sempre più complesse.

Ma i sostenitori della Teoria del Big Bang (da quando in qua, un’ipotesi con scarsissime prove a suo sostegno, si può mai chiamare “teoria”?), cioè della grande sparata, ci ricamano pure sopra dicendo che l’universo a noi noto sarebbe contenuto nello spessore insignificante, ma per noi immenso, di una sorta di palloncino spazio-temporale in espansione. A ben vedere, se si crede, ormai è solo questione di fede, allo spazio-vuoto e alla misteriosa forza di attrazione gravitazionale, si può costruire una cosmogonia inattaccabile a qualsiasi obiezione.

E noi replichiamo: ma un’onda d’urto sferica non dovrebbe avere uno spessore che quantomeno, nel tempo, "si assottiglia” perdendo di "densità"? E com’è che questo spessore è invece di miliardi di anni luce? E com’è che invece a tanta distanza di tempo e di spazio dall’esplosione iniziale questo benedetto spessore è così immenso? E poi, se assimiliamo l’universo in espansione ad una onda d’urto dopo l’iniziale grande esplosione, come facciamo a dire che sia un’onda se interessa qualcosa che non esiste, priva di materia, come lo è lo spazio-vuoto? Qualcuno ci risponderà: ma non è un’onda, è materia in espansione. Va bene, allora se non è un’onda, perché mai dovrebbe avere uno spessore, una lunghezza d’onda, piuttosto invece che assottigliarsi sempre di più fino a diventare in un tempo molto ristretto talmente fine da poter dar luogo unicamente ad un universo “piatto”? Ed ecco che i newtoniani, rinnovatisi successivamente come einsteniani, ma pur sempre sostenitori dello spazio-vuoto, se ne inventano un’altra: quello che si sta espandendo è lo spazio-tempo quadridimensionale. A me pare invece che l’intelligenza umana si stia restringendo!

 

"I could be bounded in a nutshell, and count myself a king of infinite space, were it not that I have bad dreams", evoca ancora oggi il famoso drammaturgo inglese William Shakespeare: "Potrei essere rinchiuso in un guscio di noce e considerarmi un monarca d'infiniti spazi, senonché faccio brutti sogni".

 

Sennonché continuiamo appunto - con questo spazio-vuoto e derivati -, a fare brutti sogni, come probabilmente li faceva quel grandissimo genio titanico di Isacco Newton, il quale continuava ad indagare sul perché della forza di gravità, per nulla soddisfatto di aver scoperto la famosa legge del “come” riguardo alla attrazione tra i corpi fisici. Difatti negli ultimi anni della sua vita a quanto pare non cessò di interrogare persino gli antichi testi alchemici, pur di arrivare a capire il “perché” della forza di gravità. A tal proposito si veda “Isaac Newton scienziato ed alchimista: il doppio volto del genio” di Betty Jo Teeter Dobbs, Cambridge University Press, 1991; ma si tenga anche conto che nel lontano passato l’alchimia, progenitrice peraltro dell’attuale chimica, non era una scienza negletta come lo è oggi che addirittura è tacciata quasi sempre di impostura e forma di magia, mentre invece era ed è tutt’altra cosa. Qualsiasi dotto d’un tempo non poteva esimersi dal conoscere l’alchimia, tanto quanto altre discipline. Infine, noi conoscitori e sostenitori della T.d.A., la Teoria delle Apparenze, ora sappiamo che tante e tante affermazioni dell’alchimia sono risultate essere giuste intuizioni; una fra tutte la trasmutazione atomica a basse energie, o meglio, ad energie ordinarie, quelle su cui in genere opera la natura, piuttosto che a colpi di big bang e di grosse palle in espansione, come vuole certa fisica ed astrofisica moderna delle alte energie.

 

« 13. Una forza di circolazione (n.d.t.: una corrente di “etere dinamico”/”spazio fluidodinamico ponderale incompressibile”) è tanto più grande: 1°) quanto più essa fa circolare il corpo mosso con maggiore velocità; 2°) più la velocità di un corpo mosso secondo una certa direzione è grande, più è necessaria della forza per fargli cambiare direzione, e di conseguenza ci vorrà una più grande forza per fargli cambiare più spesso di direzione in un dato tempo.

Ora, si sa che più una circonferenza di un cerchio è grande, meno i cambiamenti di direzione sono frequenti in una certa data estensione, e viceversa: dunque in qualsiasi circolazione (moto circolare) più la velocità è grande, e il cerchio piccolo, più la forza dev’essere grande. Per cui chiamando u la velocità, e un raggio r, tutto ciò che c’entra nella forza di circolazione sarà espresso da u x (u : r) o (u 2 : r) [ndt-nota del traduttore, leggi: “u, per u diviso r” o “u alla seconda, su r”] e di conseguenza anche la forza centrifuga ( 12 ).  Nel prodotto u x ( u / r ) si vede che il primo termine è la velocità, giacché essa appartiene al movimento in generale; e il secondo termine rappresenta la velocità applicata ad un movimento circolare.»

 

Secondo la fisica classica "contemporanea" tale prodotto in realtà esprime l’accelerazione radiale, o meglio ancora, il suo modoulo, una grandezza scalare.

 

Diamo qui per comodità del lettore anche un formulario con richiami di Cinematica e Dinamica rotazionali:

formulario di Cinematica rotazionale e D[...]
Documento Adobe Acrobat [1.1 MB]

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ACKNOWLEDGMENTS

Even the longest journey begins with a first step! Systemic Habitats is on line since the 18th of May 2012. This website was created to publish online my ebook "Towards another habitat" on the contemporary architecture and urbanism. Later many other contents were added. For their direct or indirect contribution to its realisation strarting from 2012, we would like to thank: Roberto Vacca, Marco Pizzuti, Fiorenzo and Raffaella Zampieri, Antonella Todeschini, All the Amici di Marco Todeschini, Ecaterina Bagrin, Stefania Ciocchetti, Marcello Leonardi, Joseph Davidovits, Frédéric Davidovits, Rossella Sinisi, Pasquale Cascella, Carlo Cesana, Filippo Schiavetti Arcangeli, Laura Pane, Antonio Montemiglio, Patrizia Piras, Bruno Nicola Rapisarda, Ruberto Ruberti, Marco Cicconcelli, Ezio Prato, Sveva Labriola, Rosario Francalanza, Giacinto Sabellotti, All the Amici di Gigi, Ruth and Ricky Meghiddo, Natalie Edwards, Rafael Schmitd, Nicola Romano, Sergio Bianchi, Cesare Rocchi, Henri Bertand, Philippe Salgarolo, Paolo Piva detto il Pivapao, Norbert Trenkle, Gaetano Giuseppe Magro, Carlo Blangiforti, Mario Ludovico, Riccardo Viola, Giulio Peruzzi, Ahmed Elgazzar, and last but not least Warren Teitz.  M.L.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

         

 

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