"Storia moderna dei Vortici"
di Giulio Peruzzi
("La Teoria delle Apparenze" del Todeschini è ovviamente solo il titolo di questa sezione del sito, tuttavia ha attinenza con l'opera del Peruzzi.)
"Vortici, Campi e Lanterne magiche"
di Giulio Peruzzi
Centro Interdipartimentale di Ricerca in Storia e Filosofia delle Scienze e Dipartimento di fisica “G. Galilei” Università di Padova e-mail: peruzzi@pd.infn.it .
Documento trasmesso gentilmente dal Dott. Arch. Mario Ludovico, ricercatore scientifico del C.N.R. e del CERG - Centre Europeèn pour le Recherches sur la Gravitation, che si ringrazia del suo cortese intervento.
Introduzione:
A PARTIRE
dalla seconda metà dell’Ottocento, la nozione di vortice acquista una particolare rilevanza nello sviluppo della fisica. Basti pensare al ruolo svolto damodelli a vortici sia nella fase nascente della teoria dei campi elettromagnetici sia nei primi tentativi di schematizzazione della struttura della materia. Dopo una fase di declino e abbandono dei modelli a vortici, collocabile tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, i fisici riscoprono e approfondiscono in forme nuove le potenzialità insite in questi modelli.
TRA GLI
ANTESIGNANI
dell’applicazione della nozione di vortice all’indagine del mondo naturale si colloca sicuramente Descartes. Per Descartes “l’unica proprietà essenziale della materia è l’estensione e la materia è una condizione necessaria dell’estensione”. L’universo cartesiano per esistere fisicamente deve essere un plenum e la semplice esistenza di corpi apparentemente separati da una distanza – come la terra e il sole – è una prova dell’esistenza tra loro di un mezzo continuo, un fluido etereo che là dove non appare sotto forma di materia solida compie moti vorticosi in cui “nuotano” i corpi celesti. In forme tra loro diverse sia Leibniz sia Newton, pur criticando alcuni dei caposaldi e degli esiti della metafisica cartesiana, si confrontano con la nozione di vortice quando analizzano i problemi legati alle azioni a distanza e alle azioni per contatto all’interno del più vasto problema del significato del continuo in fisica. A partire però dalla seconda metà del Settecento, il progressivo affermarsi della dottrina dell’azione a distanza, identificata come l’autentica tradizione newtoniana, e i grandi successi teorici e sperimentali conseguiti dai “newtoniani” rispetto ai “cartesiani”, portano a guardare con sospetto non solo la metafisica cartesiana ma anche tutti i modelli ad essa riconducibili, ivi compreso quello dei vortici. Questa “messa all’indice” della nozione di vortice da parte dell’ortodossia newtoniana prosegue fino ai primi decenni dell’Ottocento, fino a quando cioè si producono due fondamentali incrinature nel dogma dell’azione a distanza: la prima riguarda l’affermarsi della teoria ondulatoria della luce, con la conseguente riconsiderazione di azioni fisiche mediate da fluidi eterei continui; la seconda riguarda l’approccio britannico ai fenomeni elettromagnetici, al quale concorrono prima di tutto Faraday, W. Thomson (il futuro lord Kelvin) e J. Clerk Maxwell. E non è un caso che tutti e tre questi scienziati affermino con forza la continuità del loro lavoro con quello di Newton contro i presunti veri newtoniani. Scrive Maxwell nel 1873 (1) nel suo On Action at a distance (la citazione del passo di Newton si ritrova anche in uno scritto di W. Thomson del 1872 (2) sui corpuscoli ultamondani di Le Sage).
NEWTON
era tanto lontano dall'asserire che i corpi agissero realmente gli uni sugli altri a distanza, indipendentemente da una qualunque cosa tra loro interposta, che in una lettera a Bentley, che in questa sede [la Royal Institution] è stata già citata da Faraday, dice:
È inconcepibile che la materia bruta e inanimata possa, senza la mediazione di qualcosa di diverso che non sia materiale, operare ed agire su altra materia senza contatto reciproco, come dovrebbe appunto accadere se la gravitazione nel senso di Epicuro fosse essenziale e inerente alla materia stessa... Che la gravità possa essere innata, inerente e essenziale alla materia, così che un corpo possa agire su un altro a distanza e attraverso un vuoto, senza la mediazione di qualcosa grazie a cui e attraverso cui l'azione e la forza possano essere trasportate dall'uno all'altro, ebbene tutto ciò è per me un'assurdità così grande che io non credo che un uomo, il quale abbia in materia filosofica una capacità di pensare in modo competente, possa mai cadere in essa.
Svuotata così dei suoi contenuti “ideologici” la nozione di vortice torna ad essere un modello possibile, il cui importante ruolo euristico si palesa prima di tutto nella fase di formulazione della teoria dei campi elettromagnetici di Maxwell.
Una volta riacquistata piena cittadinanza come strumento di analisi dei fenomeni naturali, la nozione di vortice verrà sviluppata sia nell’ambito delle ricerche fisiche sia in quello delle ricerche matematiche, in un periodo, la seconda metà dell’Ottocento, nel quale il ruolo del continuo matematico nella fisica acquista sempre maggiore centralità parallelamente agli sviluppi in ambito matematico. Gli studi sulla gravitazione, l’elasticità, l’idrodinamica, il calore, l’ottica, l’elettricità e il magnetismo ricevono grande impulso dall’impiego di versioni sempre più raffinate delle analogie dinamiche basate sul formalismo lagrangeano e dai contestuali sviluppi delle teorie del potenziale, sottolineando un forte radicamento della fisica del XIX° secolo sul continuo. Non è quindi strano che proprio in stretta connessione con le ricerche fisiche dell’Ottocento, e anzi con un trasferimento di legittimazione dalla fisica alla matematica, si affermino i primi concetti e risultati di topologia. La topologia, che dalla fine dell’Ottocento acquisterà lo status di settore autonomo di ricerca matematica, trova nella nozione di vortice uno dei fondamentali catalizzatori di idee e risultati provenienti da diversi ambiti di ricerca: la matematica, la fisica, la chimica. I rapporti tra topologia e fisica, che segnano la nascita della topologia, e che sembrano perdersi nei primi decenni del XX° secolo, si ristabiliscono successivamente in nuove forme contribuendo in modo sostanziale agli sviluppi della fisica teorica.
NELLA PRIMA
PARTE
di questo scritto si analizzeranno brevemente le due principali applicazioni dei modelli basati sulla nozione di vortice nell’Ottocento, “vortici e campi” e “vortici e materia”, mentre nella seconda si passeranno in rassegna alcuni significativi sviluppi e trasformazioni dei modelli a vortici nella fisica del Novecento, mantenendo ancora la partizione tematica in “vortici e campi” e “vortici e materia”. Sullo sfondo della trattazione diacronica stanno le questioni epistemologiche, legate alla nozione di modello nella fisica e alla sua funzione di “cerniera” tra fenomenologia e formalizzazione. Un approfondimento della complessa storia dell’impiego dei modelli a vortici nella fisica può sicuramente fornire ulteriori elementi alla riflessione nell’ambito epistemologico.
- omissis -
... segue
(1) : J. Clerk Maxwell, On Action at a Distance, Roy. Inst. Proc. 7 (1873) 44-54.
(2) : W. Thomson, On ultramundane corpuscules of Le Sage, Edinb. Roy. Soc. Proc. 7 (1872) 577-589.
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"Vortici, Campi e Lanterne magiche"
di Giulio Peruzzi
Indice:
- Introduzione
- I Parte - Vortici e fisica nel XIX° secolo
- I.1 - Vortici e campo
- I.2 - Vortici e materia
- II Parte - Vortici e fisica nel XX° secolo
- II.1 - Vortici, teoria dei campi e topologia
- II.2 - Vortici e materia
- Conclusioni
- Note e riferimenti bibliografici.